Eccoci arrivati al momento più atteso dell’anno per tutti i “musicofili” di questo mondo. La drammatica, rocambolesca, tortuosa, ingannevole classifica del meglio dell’anno appena trascorso.
Specifico che gli album non sono in ordine di gradimento e che questa non sarà di fatto una classifica ma bensì una raccolta dei 20 dischi che al crocevia tra il soggettivo e l’oggettivo più ho apprezzato nel corso di questo 2024. Vi sarà giusto un’eccezione, essendo che a Marzo un monolite si è issato al centro del panorama discografico, la cui storia, inconcepibile immacolatezza ed evoluzione ne validano l’essere, a mio avviso, l’album dell’anno.
La sorpresa di quest’anno. Cori, arpeggi, con Contact, Manami Kakudo ci regala un’opera che sembra catturare il dialogo silenzioso tra il presente e l’eternità. Una meraviglia dall’impostazione pseudo-teatrale con accenni di folclore, Brigitte Fontaine, Mark Hollis e Robert Wyatt periodo post Rock Bottom. L’artista giapponese si muove tra territori sonori eterei, costruendo un mondo fatto di minimalismo atmosferico e melodie evocative. Le sue composizioni fondono tradizione e sperimentazione, lasciando spazio a una sensibilità che è tanto intima quanto universale. Un album decisamente esiliato dai suoi tempi, specchio della sua stessa onda d’urto. Tanto delicato quanto d’impatto.
di Astrid Sonne
Uscita: 26/01/2024 |
Genere: Genere: Electronic / Experimental / Alternative-Pop
Produzioni minimal e di una schiettezza tale da rimetterti con i piedi per terra. L’appena trentenne danese Astrid Sonne deve aver raccolto in una scatola, in un diario, insomma da qualche parte, tutte quelle canzoncine e melodie pop che coronarono le prime cotte adolescenziali e per poi distruggerle e ribaltarle inserendo sonorità a lei ben note, ritmiche sull’onda di Skee Mask, cenni di organo e synth, qualcosa della collega ML Buch, confezionando un trionfo di 27 minuti che fin dai primi ascolti sapevo avrei ritrovato a fine anno.
di Rafael Toral
Uscita: 23/02/2024 |
Genere: Experimental / Drone / Ambient
Un’epifania di 47 minuti. Il portoghese Rafael Toral torna alla chitarra ma rimane nella cameretta dell’esperimento. Torna, se vogliamo, al jazz ma rimane nel periodo drone di Brian Eno. Torna e rimane nella natura circostante. Dopo un esodo di 13 anni attraverso il suo Space Program, propenso a sperimentare, costruire ed inventare nuovi strumenti, questo Spectral Evolution suona effettivamente come il punto di arrivo di un qualche percorso. Space Program finisce infatti nel 2017 e il risultato è questo capolavoro suddiviso in 12 parti. Non esagero a dire che passaggi di questa suite sono a dir poco commoventi. Le frequenze generate vanno a riempire spifferi dimenticati, nostalgie dissolte. Un climax che arrivato al vertice si contorce, rifiuta il compiuto, sbeffeggia il consumo, abbatte il confine dell’esperienza.
di HAMMOK
Uscita: 01/03/2024 |
Genere: Hardcore / Post-Hardcore
Sophomore aculeo che si conquista la quota hardcore di questa lista. Me ne sono innamorato al primo ascolto ed è senza ombra di dubbio uno dei dischi che ho ascoltato di più quest’anno. Direttamente dalla Norvegia un pendolo di freschezza, scream impegnati e tribali intuizioni spalmati su un tappeto di rimandi garage/blackgaze/post-punk. Look How Long Lasting Everything Is Moving Forward For Once è solido, ben costruito su arrangiamenti maturi. Il suo saper alternare martelli da sottocassa e versatilità più mascherate (con tracce come Opportunity Erased o Eat You Alive a dimostrarne l’efficace connubio) a momenti quasi canzonabili come Seance, dona ulteriore valore ad una band conosciuta davvero troppo poco.
Nel suo secondo album solista l’ex bassista dei Sonic Youth continua il suo percorso, a seguito del già stupendo No Home Record, intrecciando elementi techno, noise e, almeno in termini di beat, trap. Tutti aspetti che in un modo o nell’altro vanno a schiantarsi contro l’inconfondibile ed iconico timbro freddo e tagliente dell’anti-diva Kim Gordon. Le distorsioni industrial squarciano una tela desolante, un dipinto mefistofelico di un paesaggio condannato ad essere raso al suolo. Il suono dell’apocalisse. L’album è tanto concettuale quanto mai retorico, manco vagamente pretenzioso. Un’opera che vaga nel dettaglio del diabolico, del banale, negli strati di un’esperienza retta su tracce su cui ballare fino ad essere stremati. Un’esperienza sonora in grado di spiazzare inizialmente, di fare storcere il naso. Una volta accettato il compromesso narrativo, questa scorrerà imperturbabile nel vostro armadio, tendendo sempre verso tonalità sul grigio scuro. L’alba del mattone. Un barlume di speranza.
di Julia Holter
Uscita: 22/03/2024 |
Genere: Alternative-Pop / Chamber-Pop / Experimental
Sun Girl, These Morning, la title track Something in the Room She Moves, Spinning, Evening Mood, Talking to the Whisper. Una serie di singoli già di per se incredibili, intervallati da momenti instrumentali e di esperimento vocale di puro genio. Questo è un po tipo il fratello mandato a letto senza cena di Titanic Rising di Weyes Blood. C’è qualcosa del lavoro vocale di Caroline Shaw, di Terry Riley nelle parti instrumentali. Un lavoro la cui imponenza, sia qualitativa che proprio di spazio occupato, di suono pieno e tondo, è palpabile. Nessun passaggio a vuoto. Come direbbe un regista, nessuna ripresa sprecata. Loud City Song e Have You In My Wilderness erano due bei dischi, rispettivamente del 2013 e del 2015, nel mezzo niente di particolare. Qua siamo però di fronte ad un’evoluzione totale, maturità piena sotto ogni aspetto.
Eccoci arrivati al monolite, nonché, a mio avviso, al disco dell’anno. 122 minuti di psichedelia, riff iconici, sonorità incollocabili se non nell’irreplicabile universo di Patrick Flegel (aka Cindy Lee). Voglio partire dal come questo album è atterrato sulla scena musicale. Nessuna piattaforma canonica, uscito su youtube e su un sito stile 1.0 attraverso la sua stessa label REALISTIK STUDIOS, in seguito stampato in copia fisica e distribuito via bandcamp a partire da Ottobre. Cindy Lee si imbarca in tour ma dopo una manciata di date dichiara sul palco “I feel like a caged fucking animal” e cancella la maggior parte nonché restante fetta di concerti. Questo avvenimento rimbomba come un tuono in un panorama discografico a modo suo colmo di dinamiche “tossiche” e la cui evoluzione calpesta talvolta l’individuo stesso. Ed è qua che questa sorta di compilation testamentale dell’ex frontman dei Women trova, a mio avviso, totalità e rigore. Il triplo disco spazia da vibrazioni uscite dal camerino dei Velvet Underground, stacchetti recuperati da una collezione di b-sides di Morricone, a richiami di Broadcast e una pellicola di Nicholas Roeg, forse sto pensando proprio a Bad Timing. L’opus magnum di un artista eccezionale, commovente (capace di meraviglie passate quali Model Express e What’s Tonight To Eternity), concepito in una stanza in cui il tempo si è fermato, programmato per autodistruggersi. Dobbiamo ripartire da qua. Da un prodotto finito, inamovibile, girare le lancette e perdersi. Ripartiamo dalla bellezza.
di Still House Plants
Uscita: 12/04/2024 |
Genere: Post-Rock / Indie-Rock
Un singhiozzare unico. Quando state ascoltando un discorso e l’unica cosa che vorreste fare è interrompere l’interlocutore perchè già coscienti del dove andrà a parare. Quando vi presentate ma state già pensando a cosa dire dopo. Quando il vostro amico un po alternativo vi dice di essersi appena innamorato di questa artista chiamata Tirzah ma sapete bene che a casa si ascolta solo Red House Painters e Galaxie 500. Quando semplicemente cercate un ritmo perpetuo, quasi nervoso, una chitarra ipnotica, che richiama i primi minuti tra l’oblio e il dormiveglia della sveglia al mattino, e splendide vocalità r&b da collante. Jess Hickie-Kallenbach alla voce, Finlay Clark alla chitarra, David Kennedy alla batteria. Eccovi serviti. Post-rock dell’indecisione.
Una voce bloccata nel tempo. Il vinile che si rovina. Jessica Pratt è sicuramente una delle migliori interpreti della sua generazione. La formula è sempre la stessa ma in qualche modo il suono non smette mai di evolvere. Un disco rapido, una sorta di “man for all seasons”, imperturbabile nel suo roteare intrappolato nell’ambra di melodie eteree. Appena uscito eppur già eterno.
Oggettivamente impossibile lasciare fuori dalla lista lo SCUM Manifesto della nostra generazione. Più che definire un’estate questo disco segnerà uno spaccato, un prima e un dopo. Un connubio di produzioni targate A.G. Cook, George Daniel, Charli stessa e Gesaffelstein tra i vari. Quello che più mi esalta di BRAT è la capacità di ricercare ed innovare all’interno di un progetto concepito per essere elevato a cometa pop e ancor di più di un genere eternamente grato alle monotonie radiofoniche. Tracce come Sympathy is a knife, I might say something stupid e I think about it all the time ne sono a riprova e definiscono i confini di questo concepire indomabile. Chiaramente il suo pop misto house, nonché tutti i suoi stilemi e l’hype suo marchio di fabbrica, non scemano bensì aprono le porte a sonorità indie, french house e synth assordanti che ne amalgamano essenza ed unicità.
Sinceramente non penso vi sia altro da aggiungere sul disco più discusso dell’anno, sulla colonna sonora della meravigliosa ed eterna confusione giovanile.
A 12 anni dall’ultimo disco il terzetto d'élite composto da Warren Ellis, Jim White e Mick Turner torna con un’opera soffocante, viva, evocativa. Sabbie sconfinate, Walkabout e crescendo tumultuosi. Ogni traccia è la quiete pronta ad essere travolta, uno sguardo perso, una parte del cambiamento. L’inconfondibile approccio punk al violino della “spalla destra” di Nick Cave delinea la punteggiatura di un'epopea mirabilmente apparecchiata per le delicatissime penne dei suoi due compari. Pungente quando necessario, maestoso nel maggiore dei casi, l’album è suddiviso in un susseguirsi di accelerazioni (una delle quali culmina nel mio passaggio preferito, Love changes everything V) studiate per atterrare con garbo su prati vibranti. I “bad boys” australiani sono tornati e in un anno estremamente produttivo (Wild God per Ellis, The Hard Quartet per White) raggiungono vette espressive ricollegabili soltanto ai tempi del loro apice qualitativo, nonché capolavoro assoluto, Ocean Songs.
Direttamente da Granada questo strepitoso ensemble di quattro giovani fenomeni. In grado di stendere tappeti sonori arditi verso una difficile categorizzazione. Ci sento quasi dei King Crimson finiti in lavatrice con Enrique Morente e Camaron De La Isla. Tratti dei primi Sigur Ròs, dei Fire!Orchestra e dei più recenti Squid. Perchè no qualcosa dell’ultima incarnazione degli Swans. Post-Rock e Slow Core al salmorejo.
La vera forza del disco è la sua compostezza. Mai un passo falso. Una ipnotica e minimale postura che si lascia andare in rari slanci di occasionale ottimismo.
Solo Postres mi ha fatto tornare col pensiero all’eterno capolavoro di Victor Erice, Lo spirito dell’alveare. Buon ascolto.
Uno dei migliori della sua generazione. Consiglio in particolare Honor Killed the Samurai del 2016. Questo è pero presumibilmente l’ultimo lavoro che sentiremo della leggenda di Brownsville essendo che il mese seguente l’uscita di questo disco Ka è venuto a mancare all’età di 52 anni. Una figura totalmente spontanea, schiva e lontana dai riflettori, viveva una sorta di “vita parallela” con la musica essendo che da sempre lavorava come pompiere a New York. Influenza fondamentale per astri nascenti nella scena odierna come Billy Woods e Westside Gunn. Uscendo dalla drammatica vicenda non esito nel dire che questo è a mio avviso il suo miglior disco, nonché unico album hip-hop/rap in grado di folgorarmi quest’anno. Un capolavoro. Durata perfetta, beat roteanti attorno a gospel e riflessioni sul complesso legame tra la comunità afroamericana e il cristianesimo. Asciutto, nodale, necessario. Incredibile pensare, all’indomani di quanto successo, che in tracce come Tested Testimony l’autore si focalizzi sulla morte e su come il tempo ne alteri concezione e riguardo, mentre in Borrowed Time in un contesto corale venga ripetuto “I hope it’s borrowed time when my time come.” La critica alla scena musicale dentro la quale si ritrovava non è mai scontata né ipocrita. Lo stesso parlare del rapporto tra Afroamericani e religione risuona tanto post-traumatico quanto chiaro nel delineare limiti alle riflessioni provenienti dallo stomaco. Uno stomaco svuotato di speranza.
di Xiu Xiu
Uscita: 27/09/2024 |
Genere: Experimental / Noise-Rock / Industrial
Band come Xiu Xiu sono tra le mie preferite perchè dopo il crepuscolare Ignore Grief uscito nel 2023, “accantonano” (e badate bene alle virgolette) parte della sperimentazione che da sempre li contraddistingue per dare spazio ad un disco che definirei senza esitazioni, o quantomeno se confrontato con il resto della loro discografia, catchy. L’arrivo di David Kendrick (ex Devo e Sparks) alla batteria è subito percepibile attraverso looped grooves, nella scelta dei beat e, soprattutto, dei fillers stessi. Jamie Stewart è uno dei migliori scrittori, nonché una delle voci più uniche, in circolazione. Buttato nel tritacarne in questa “nuova” impostazione in termini di synth e basso, oserei dire più sul pop, rende alla perfezione, esaltando in modo eccezionale tutti quei marchi di fabbrica con i quali siamo arrivati ad amare il duo californiano. Per me ancora un gradino sopra il precedente album, sicuramente uno dei più rinfrescanti della loro già vasta discografia.
E questo esattamente che roba è?! Absolute Elsewhere ne ha per grandi e piccini, accontenta tutti. Che siate amanti dei Tangerine Dream, dei Pink Floyd, degli Hawkwind o ancora, ovviamente, di quella branchia di extreme metal che ancora può considerarsi ricercato, allora potrete considerarvi tirati in causa da questa opera aulica dei Blood Incantation. Kosmische e riff ossessivi per uno dei migliori dischi metal degli ultimi anni.
Dopo lo scioglimento dei black midi, Geordie Greep cerca riscatto solista e voglioso di distaccarsi dalla ripetitività che quel percorso sonoro sembrava stesse portando in superficie. Se ai primi ascolti chiaramente qualcosa riporta alla band londinese, la sperimentazione, l’immediatezza ma soprattutto il volume di questo The New Sound tolgono la polvere dalle spalle del giovane musicista inglese e riaffiorano in un quadro che spazia tra blues, jazz, funk, influenze brasiliane e un'attitudine quasi da The Pop Group. Partire con il criminale basso di Blues e ritrovarsi fermi in un’area di servizio con Motorbike o If You Are But a Dream. Un disco arrangiato alla perfezione, considerandone complessità e stratificazione che non cessano di stupire durante l’intero ascolto. Rinchiudere questo progetto dentro le spoglie del già notevole episodio black midi è davvero riduttivo così come sarebbe stato impossibile non inserire un rollercoaster di tale portata in questa lista.
Piedi pesanti per il quartetto di Oklahoma City. Devo ammettere che ero passato troppo sopra God’s Country, prima fatica della band del 2022, discone recuperato seriamente l’anno seguente. Tale avvenimento ha però fatto sì che non mi facessi sfuggire questo nuovo Cool World, ulteriore tassello che questa notevole formazione dalle tinte sludge va a posizionare nelle fondamenta di un’idea di musica già di per se granitica dopo appena un paio di uscite. Un’America devastata, che appesantisce il plumbeo trascorrere. Un pentolone di influenze post-punk, hardcore e industrial, Jesus Lizard, Korn, ci sento qua e la gli Shellac, perché no il periodo più spinto dei Wipers. Un disco compatto, essenziale. Produzioni immacolate per quasi 43 minuti di disegni di bambini annoiati, di quelli che il sole nell’angolo in alto non lo mettono neanche.
Un monumento. 26 tracce, 80 minuti di solito e crudo realismo da parte di uno dei miei artisti contemporaneei preferiti. Phil Elverum ci consegna il bouquet definitivo della miriade di stili, generi ed influenze solcate in carriera. Un percorso contraddistinto da un approccio unico. Quello dell’epifania artistica, autoriale, attraverso la quale tutto scorre. La forma non è tutto, l’attitudine, la partenza, il perdersi e il ritrovarsi in 50 secondi di black metal (Swallowed Alive questo è), l’impostare un disco partendo da uno dei singoli più belli degli ultimi anni, Night Palace, il ritrovarsi nella colonna sonora di Where the wild things are con Empty Paper Towel Roll, il tornare all’esplorazione della perdita del suo capolavoro del 2017 A Crow Looked at Me, prodotto a seguito della morte della moglie, con I Saw Another Bird. Questo album in qualche modo fa quello che Cindy Lee ha fatto con Diamond Jubilee, una raccolta di foto sbiadite, di un albero, una ruota bucata, il costume con le fragole di tua nipote, nell’angolo in basso a sinistra sempre la stessa macchia dovuta probabilmente al rovinarsi della pellicola. Io vedo così il processo artistico di questi due giganti: saper combinare stili diversi, sonorità all’orecchio dissonanti, 26 tracce una diversa dall’altra, scollegate, fuori posto, tutto che però ritorna ad una poetica che parte nel momento esatto in cui il vero genio entra in studio e che poi in fondo la forma che cazzo è?
di More Eaze, Kaho Matsui
Uscita: 08/11/2024 |
Genere: Experimental / Folk / Country
Questo disco va ad occupare una posizione simbolica per l’unicità dello stratosferico lavoro messo in atto dalla multistrumentista Mari Maurice tra questo più recente Computer and recording works for girls, realizzato assieme a Kaho Matsui, e lacuna and parlor, uscito a fine Settembre e che vi consiglio ugualmente e assolutamente di recuperare. Come dissi già nel primo numero di OltreFrequenze questo bombolone folk/country ripieno di esperimento porta in auge un concetto di ricerca sinfonica all’interno del quale chiunque appassionato di musica troverà delizia e giovamento.
Sì è uscito neanche un mese fa, presente nell’ultimo appuntamento di OltreFrequenze. The Way Out of Easy è però anche già senza ombra di dubbio il mio disco Jazz (e derivati vari) preferito dell’anno. Un quartetto formidabile, definito in sartoria, che decostruisce genere, tempi di gioco e uso dei fiati, senza togliere dal comodino il vinile di Money Jungle.
Ascolta questa playlist
OltreFrequenze Top 20 Albums 2024The Saint - Nic T
Midwinter Swimmers - The Innocence Mission
PHASOR - Helado Negro
“NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28,340 DEAD” - Godspeed You! Black Emperor
True Faith Ain’t Blind - Otay:onii
Wood Blues - [Ahmed]
Songs Of A Lost World - The Cure
3+5 - Melt-Banana
……t - SHXCXCHCXSH
Cascade - Floating Points
So Medieval - Blue Bendy
This Could Be Texas - English Teacher
Evil Does Not Exist - Eiko Ishibashi
The Hard Quartet - The Hard Quartet
something we once knew - tilt
Lily of the Valley - 22 Halo
Tristwch Y Fenywod - Tristwch Y Fenywod
we will be wherever the fires are lit - Tashi Dorji
The Pilgrim, Their God and The King of My Decrepit Mountain - Tapir!
World of Work - Clarissa Connelly
* Foto di Merve / Pexel