Scegliere l'università senza paura

Sfruttando l’imminente inizio dell’anno accademico 2021/2022, proponiamo una riflessione di un giovanissimo sostenitore di Liberi Oltre le Illusioni

 

In Italia,la scelta della facoltà è spesso percepita dagli studenti come un momento difficile, carico di ansie, dubbi e preoccupazioni. Cosa succede se sbaglio? Cosa succede se finisco per studiare qualcosa che non mi piace? Cosa accade se l’università non mi supporta? Verrò considerato un fallito se perdo un anno? Devo continuare nonostante l’insoddisfazione?

Queste e tante altre sono le domande che riempiono la mente degli studenti, ma nonostante non sia una novità, ancora nessuno si mobilita per cambiare le cose. Dopo i 5 anni di scuola superiore in Italia viene richiesto di scegliere un ateneo ed una facoltà. Tutto semplice no? A quanto pare per i ragazzi no.

Secondo un’indagine del MIUR 22 ragazzi su 100 si pentono del corso scelto, facendo emergere chiaramente che qualcosa non funziona nel sistema. Il punto fondamentale è la mancanza di una adeguata transizione tra scuola superiore e università. Il ciclo di studi che inizia nella scuola materna e finisce in quella superiore, si sviluppa in modo uniforme nei passaggi dalla scuola primaria a quella secondaria di primo e secondo grado. 

Nella fase terminale di quest'ultima tutavia l'orientamento e la preparazione per l'università sono demandate a scelte estemporanee delle singole scuole. E' come se  l’università fosse ancora considerata appannaggio delle elite. Vuoi proseguire i tuoi studi? Bene, scegli da te e provvedi da te. Manca un ponte che potrebbe aiutare molti ragazzi a comprendere come meglio affrontare una scelta fondamentale per la loro vita e non si tiene minimamente in considerazione la possibilità di esplorare o dare la possibilità di esplorare argomenti che poi verranno approfonditi negli anni universitari.

L’università viene ancora considerata una cosa per pochi e di sicuro in Italia non si fa nulla per cambiare questo stato di cose visto che si spende per l'istruzione terziaria lo 0,3% del Pil, meno che in tutti gli altri 27 Stati membri dell'Ue.

Diverso e probabilmente più efficace è il meccanismo che caratterizza il modello anglosassone. Un anno in meno di scuola e più libertà di esplorare i propri interessi. Fin dall’inizio della ‘’high school’’ gli studenti sono tenuti a scegliere i propri corsi e le proprie materie, contando però su un gruppo di materia chiavi comuni a tutti che garantiscono una corretta formazione di base. In questo modo gli studenti sono incoraggiati a specializzarsi in ciò che più gli piace e a poter decidere se concentrarsi a fondo in una materia oppure contare su di una versatilità che garantisce l’esplorazione di nuovi interessi. Inoltre vengono anche proposti dei corsi speciali chiamati ‘’AP’’ (Advancement Placement), corsi nei quali si può avere un assaggio di un ‘’livello universitario’’ di studio, e che di solito vengono intrapresi dagli alunni più promettenti e volenterosi di ottenere crediti scolastici che poi possono essere spesi per evitare esami extra all’università.

Già da qui si nota una netta differenza, un anno in meno di studio, più libertà di esplorazione degli interessi, e un collegamento con dei corsi universitari.

Si nota un approccio che cerca di responsabilizzare i ragazzi e creare un lento ponte verso l’esperienza del ‘’college’’. Se in Italia una laurea tipicamente dura 3 anni, in America i tempi si allungano a 4. Un anno in meno di scuola superiore ma un anno in più di università, cosa ci hanno guadagnato? A differenza dei nostri studenti, gli studenti americani non devono scegliere una facoltà al momento dell’iscrizione. L’anno extra viene utilizzato principalmente per permettere l’esplorazione di diversi ambiti, che poi verranno approfonditi negli anni a seguire.

Prendendo ad esempio l’MIT, una delle università più rinomate del pianeta, uno studente ammesso non è forzato a dichiare che facoltà intende proseguire fino al secondo anno quando ci sarà la cerimonia di ‘’declare your major’’ (dichiarare la propria facoltà). E anche dopo aver scelto una facoltà, gran parte degli atenei permette di proseguire in corsi ed esami definiti ‘’minor’’, che ti permetteranno di conseguire una ‘’mini laurea’’ in un determinato settore. Per esempio uno studente americano al secondo anno di università dopo aver esplorato economia, ingegneria, e lettere antiche, decide di specializzarsi in ingegneria (che diventerà la sua ‘’major’’). Fatto ciò, al quarto anno vorrebbe anche ottenere delle competenze specifiche in marketing, saltando i vari corsi in ambiti economici che non gli interessano, scegliendo quindi di fare 4 corsi in marketing (che diventerà la sua mini laurea, anche detta ‘’minor’’). Inoltre lo studente potrebbe anche scegliere di fare più mini lauree, magari imparando anche il cinese, e l’università lo incoraggerà a farlo.

Per oggi ci fermiamo alle differenze nella scelta e l’esplorazione della propria facoltà, ma si potrebbero fare ancora molti altri parallelismi.

Ricapitolando, secondo il sistema anglosassone si preferisce fare un anno in meno di scuola superiore ma un anno in più di università. Durante la scuola superiore si dà la possibilità di esplorare i propri interessi, fino a  portarli ad un livello ‘’semi-universitario’’ attraverso corsi specifici. Arrivati nel college non bisogna dichiarare la propria facoltà fin da subito, potendo esplorare diverse branche e confrontarsi con i professori. Dopo aver dichiarato la propria facoltà (major) si può sempre decidere di intraprendere delle mini lauree (minor) in competenze specifiche.

Forse in Italia dovremmo iniziare a capire che l’università non deve essere più per pochi autodidatti esperti, ma un qualcosa che deve essere normalità, in un mondo che si muove sempre più veloce.

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