La scarcerazione di Almasri

di M.B.Giuffrida

Attualità & PoliticaDiritto e Giustizia

Il caso Almasri sta scuotendo il governo italiano e la comunità internazionale negli ultimi giorni e solleva interrogativi sul rispetto da parte dell’Italia degli obblighi di cooperazione giudiziaria internazionale.

Njeem Osama Almasri Habish, comandante della polizia giudiziaria libica, è stato arrestato a Torino il 19 gennaio 2025 su mandato della Corte Penale Internazionale (CPI), con l'accusa di crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Tuttavia, appena due giorni dopo, il 21 gennaio, Almasri è stato rilasciato e rimpatriato in Libia, apparentemente a causa di un cavillo procedurale nell'esecuzione dell'arresto. Questo improvviso rilascio ha provocato la reazione della CPI, che ha chiesto spiegazioni all'Italia.

In questo articolo cerchiamo di capire come siano andate davvero le cose, analizzando i fatti e la normativa rilevante per il caso di specie.

Torino, Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno", / SkyTG24 via YouTube

Le accuse ad Almasri e il più ampio contesto dell’indagine.

Le accuse contro Njeem Osama Almasri Habish, noto anche semplicemente come Almasri, si inseriscono in una più ampia indagine della Corte Penale Internazionale sulla situazione in Libia, avviata nel 2011 su mandato del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

Almasri è accusato di crimini contro l'umanità e crimini di guerra, tra cui omicidio, tortura, stupro e violenza sessuale, presumibilmente commessi dal febbraio 2015 presso il carcere di Mitiga a Tripoli. In qualità di capo della polizia giudiziaria libica e membro delle Forze Speciali di Deterrenza (RADA), Almasri avrebbe personalmente commesso, ordinato o facilitato questi crimini contro detenuti, imprigionati per motivi religiosi, presunta immoralità o affiliazione a gruppi armati rivali.

Sulla base di queste accuse la CPI il 18 gennaio 2025 ha emesso un mandato d'arresto, che non è ancora pubblico per proteggere le indagini in corso e prevenire la distruzione di prove o l'intimidazione di testimoni (una pratica comune della CPI per casi sensibili).

La CPI ha poi trasmesso formalmente il mandato d’arresto a sei Stati parte, tra cui l'Italia, coordinandosi preventivamente con le autorità nazionali per garantirne la corretta esecuzione. La richiesta, trasmessa tramite i canali ufficiali, è stata accompagnata da aggiornamenti in tempo reale sui movimenti del sospettato nell'area Schengen ed è stata seguita dall’emissione di una "Red Notice" emessa attraverso INTERPOL per facilitare l’individuazione e il fermo del generale libico.

Il fermo in Italia e il rilascio.

Sabato 18 gennaio, poche ore prima che la CPI emettesse il mandato di arresto, Almasri era arrivato in Italia dalla Germania, forse per assistere alla partita Juventus-Milan. La sera stessa il generale libico viene arrestato dalla Digos mentre alloggiava all'hotel Holiday Inn di Piazza Massaua 21, a Torino.

Il mattino dopo viene portato nel carcere torinese delle Vallette. Meno di 48 ore dopo, il 21 gennaio 2025 la Corte d’Appello di Roma dichiara l’irritualità dell’arresto del generale e ne dispone l’immediata scarcerazione. Almasri è stato rimpatriato a bordo di un volo di Stato italiano lo stesso giorno: l'aereo è atterrato all'aeroporto internazionale di Mitiga a Tripoli intorno alle 21:45 ora locale del 21 gennaio.

La decisione della Corte d’Appello di Roma e la normativa rilevante.

Per comprendere e inquadrare correttamente la vicenda in questione, è necessario inquadrare, sia pure brevemente, la normativa applicabile al caso di specie, rappresentata principalmente dalla Legge nr. 237/2012, che recepisce nell’ordinamento italiano lo Statuto della Corte Penale Internazionale.

Va anzitutto osservato che, ai sensi dell’art. 2, comma 1 di tale legge, i «rapporti tra lo Stato italiano e la Corte penale internazionale sono curati in via esclusiva dal Ministro della Giustizia». La norma in questione aggiunge anche che è competenza del Ministro della Giustizia «ricevere le richieste provenienti dalla Corte e (...) darvi seguito».

Ciò significa che quando il 21 gennaio la cancelleria della CPI trasmette il mandato d’arresto «attraverso i canali designati da ciascuno Stato» (come si legge nel comunicato stampa di ieri della CPI), lo stesso viene ricevuto dal Ministro Nordio.

Ai sensi dell’art. 11, comma 1, della stessa Legge, il procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, una volta ricevuta la richiesta (s’intende, dal Ministro a cui è stata trasmessa in prima istanza) «chiede alla medesima corte d'appello l'applicazione della misura della custodia cautelare nei confronti della persona della quale è richiesta la consegna».

Sennonché, come scrive il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma nel parere trasmesso ai giudici romani, il Ministro Nordio «ad oggi [21 gennaio, n.d.r.] non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito».

Ma perché, allora, il generale Almasri era stato arrestato?

A spiegarlo è la stessa Corte di Appello di Roma, nell’ordinanza con cui ha ordinato l’immediata liberazione dello stesso. La Polizia Giudiziaria, evidentemente male interpretando la normativa in questione (che sul punto, a dire la verità, è suscettibile di diverse interpretazioni) ha applicato la disciplina di cui all’art. 716 del codice di procedura penale, che consente alla polizia giudiziaria di procedere all’arresto nei casi di urgenza di un ricercato internazionale, salva la convalida dell’autorità giudiziaria: la stessa che qualche settimana prima era stata applicata – allora, correttamente – per l’arresto di Mohamed Abedini, di cui pure è stato scritto.

Sennonché, come ha osservato la Corte di Appello di Roma, l’art. 716 del codice di procedura penale non era applicabile al caso di Almasri, perché l’esecuzione dei mandati di arresto della Corte Penale Internazionale è specificamente regolamentata da un’altra legge (la 237/2012, per l’appunto), che prevede una procedura diversa e che pone il dovere di iniziativa in capo al Ministro della Giustizia, anziché alla Polizia Giudiziaria.

Poiché nel diritto italiano vige il principio per cui una norma speciale (l’art. 11 della Legge nr. 237/2012) prevale su quella generale (l’art. 716 c.p.p.), e vista l’assenza di richieste da parte del Ministro Nordio, il Procuratore Generale non ha potuto fare altro che prendere atto della irritualità dell’arresto e conseguentemente chiedere alla Corte di Appello di non convalidarlo. Quest’ultima ha, dunque, disposto il non luogo a provvedere sull’arresto di Almasri e ne ha ordinato l’immediata scarcerazione.

Come si evince da questa ricostruzione, pertanto, nessun errore è stato fatto dalla Corte di Appello di Roma né dalla Procura Generale. Prendendo per vere le dichiarazioni della Corte Penale Internazionale – e non v’è ragione di fare altrimenti – il Ministro Nordio è stato informato il 18 gennaio dalla cancelleria della C.P.I., ma ha deciso di restare inerte.

Ma v’è di più: leggendo l’ordinanza della Corte di Appello di Roma si apprende anche che lo stesso Procuratore Generale – pur privo di un dovere specifico in tal senso – ha sollecitato una richiesta da parte del Ministro della Giustizia in data 20 gennaio, non ricevendone tuttavia alcuna risposta.

La scelta di rimanere inerti, dunque, è stata deliberata e non è frutto – come pure si è tentato di far passare – di alcun cavillo giuridico né di alcun errore dei magistrati.

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