Recovery Fund, legge di bilancio e debito

E' paradossale che i tempi per l'approvazione della Legge di Bilancio e per la presentazione del Piano di Ripresa e Resilienza siano quasi coincidenti. Paradossale perché, come da tradizione, anche questa LdB vede l'assalto alla diligenza da parte dei gruppi di maggioranza e opposizione alla ricerca di bonus e mancette, mentre la coincidenza con il Recovery Fund dovrebbe, finalmente, restituire una finanziaria orientata per la prima volta agli investimenti e alla ripresa..

Non elenceherò la pioggia di bonus più o meno surreali (se ne contano circa 40) approvati in commissione bilancio; mi concentrerò piuttosto sulla congruenza delle scelte italiane rispetto al framework e agli obiettivi delineati dal Next Generation EU.

Tre premesse sono necessarie:

1) Le linee guida, concordate in sede di Commissione europea il 17 settembre, indicano agli Stati membri che i piani da presentare per l'accesso ai fondi devono essere composti da riforme e investimenti;

2) gli ambiti all'interno dei quali devono operare i progetti di riforma e investimenti sono quelli stabiliti come prioritari dalla Commissione e dalle Country Specific Recommendations 2019/2020 

3) I piani devono indicare quali sono i ritorni attesi in termini di ripresa del PIL e dell'occupazione.

Riforme e investimenti

Per quanto riguarda il punto 1) un equivoco può essere generato dal fatto che nelle premesse del documento del 17 settembre si fa riferimento anche alle azioni di mitigazione della crisi dovuta al Covid 19. Su questo equivoco si sta giocando gran parte della sfida fra MEF, presidenza del Consiglio e parlamento. Le tentazioni di utilizzare parte delle risorse in prestiti europei per riassorbire l'enorme indebitamento aggiuntivo fatto durante l'anno vengono da lì. Il deficit, pari al 10,9% del PIL (180 miliardi), verrebbe sostituito con i loans previsti dal Recovery and Resilience Facility che è il grosso di NGEU. Dei 127,6 miliardi assegnati all'Italia dal 2021 al 2026 88 andrebbero (stando alle indiscrezioni) a coprire spese già sostenute o spese in Legge di Bilancio. Poiché nelle spese sin qui sostenute non ce ne sono di destinate agli investimenti, i 2/3 della dotazione andrebbero "persi".

Il vantaggio consisterebbe nel rendere una parte del debito più leggero in termini di spesa per interessi e più sostenibile in termini di rimborsi (inizieranno col prossimo bilancio europeo nel 2028 e termineranno entro il 2036). Dal punto di vista della disciplina di bilancio pubblico questi 88 miliardi costituirebbero voce separata del debito pubblico lordo ("altri debiti verso istituzioni internazionali ed europee) facendo apparire lo stock accumulato meno pesante.

Nel frattempo si preannuncia un nuovo ulteriore scostamento di bilancio per una ventina di miliardi già per gennaio 2021 che porterà il conto della crisi ai 200 tondi.

In sostanza se da una parte si allevierebbe l'onere per le casse dello Stato, dall'altra si pregiudicherebbe la capacità di attuare finalmente le riforme e gli investimenti attesi da qualche decennio. Vanno fatte salve naturalmente tutte quelle riforme che sono a costo zero per le quali però serve soprattutto volontà politica (es.burocrazia).

Country Specific Recommendations

Se le raccomandazioni 2019 erano tutte orientate a rendere più dinamica e più competitiva l'economia italia (burocrazia, PA, politiche attive del lavoro, istruzione, spesa pensionistica), quelle 2020 tendono soprattutto a sostenere forme di protezione sociale (Racc. 2) e liquidità nell'economia reale (Racc. 3). Un'altra parte mira a tenere sotto controllo nel medio termine il debito pubblico incrementando gli investimenti invece della spesa corrente (Racc. 1), e riformare giustizia e pubblica amministrazione (Racc. 4).

Nell'ambito della raccomandazione 2 si giustifica la sostituzione del debito. 

Contrariamente alla narrazione antieuropeista, non vengono indicati nelle raccomandazioni criteri quantitativi; in altre parole l'Europa non ci dice quanto spendere, di quanto aumentare gli investimenti e dove impiegarli. Ci dice solo che vanno genericamente aumentati. E' la politica dunque, e in specie il governo pro tempore, a scegliere quanto e come spendere. Le responsabilità del successo o dell'insuccesso delle misure adottate ricadono tutte sulla politica italiana. Se l'impatto sul PIL del NGEU non sarà quello atteso perché si saranno preferite le coperture alle spese al posto degli investimenti (il MEF del Documento Programmatico di Bilancio stimava uno stimolo al PIL dell' 0,4% nel 2021) la responsabilità sarà della politica.

Ripresa economica

L'impatto del Covid sull'economia italiana ed europea è pesantissimo. La perdita di PIL è due volte quanto fu perso nel 2009 dopo la grande crisi finanziaria e quasi 4 volte quanto fu perso con la crisi dei debiti sovrani del 2011. La recrudescenza dell'epidemia nell'ultima parte del 2020, il suo proseguire nel primo trimestre 2021, i tempi  tutto sommato lunghi per una immunità da vaccino nella popolazione sono fattori che non fanno ben sperare neanche per l'anno che sta per iniziare. Tuttavia il senso del NGEU è fornire alle economie europee, in particolare a quelle italiana e spagnola che durante la prima ondata furono le più colpite, le risorse necessarie a tornare in tempi rapidi a livelli di ricchezza e occupazione pre covid. Anche qui non vengono forniti parametri quantitativi, almeno per ora, bensì generiche raccomandazioni affinchè i 209 miliardi (196 dal RFF) siano utilizzati per la ripresa. 

Quando, presumibilmente a febbraio, saranno presentati i 52 progetti a cui il governo italiano sta lavorando, per ogni progetto dovranno essere indicati fabbisogno finanziario, tempi di realizzazione e ritorni economici di breve, medio e lungo periodo. La selezione dei progetti finanziabili sarà competitiva. Detto in altri termini non sarà suffciente presentare un'idea di intervento di spesa, pena la non eleggibilità del progetto stesso. Personalemente dubito che questa prima fase di selezione sarà particolarmente rigida perché l'impatto della crisi è stato profondo e la volontà di aiutare le economie più in difficoltà c'è anche nei cosiddetti governi frugali.

Per l'Italia il momento della verità (amara) potrebbe venire allorquando scatteranno le due principali condizionalità previste dal PRR: il sentiero temporale strettissimo all'interno del quale le risorse devono essere impiegate, 70% entro il 2023; coerenza degli obiettivi raggiunti rispetto a quelli programmati. In quel caso, poiché nelle riunioni di luglio è stato deciso che la verifica sulla bontà degli interventi segue i criteri previsti dal Consiglio europeo, ovvero unaninimità dei membri, basterà che un solo membro della Commissione ritenga non soddisfatte le condizionalità perché venga portata nella sede del Consiglio la richiesta di sospensione delle erogazioni. Nella peggiore delle ipotesi potrebbero essere interrotti i trasferimenti; nella migliore si aprirà una pesante battaglia politica fatta di infinite negoziazioni e nuove promesse.

Si capisce bene che, dato il poco lusinghiero risultato storico nella gestione dei fondi europei e data la ben nota e strutturale incapacità italiana di chiudere nei tempi attesi i cantieri, questo rappresenta il principale pericolo cui andiamo incontro. 

Un'ultima considerazione non può che riguardare alcune delle più bizzarre misure adottate da questo governo in questo periodo di crisi. Non tutti i bonus potranno essere considerati coerenti con il NGEU. Se lo possono essere, con qualche forzatura, il bonus mobilità che finanzia bici e monopattini elettrici, è difficile pensare (e sarebbe surreale accadesse) che potranno essere finanziati bonus come quello per le spese veterinarie o la lotteria degli scontrini. Qualora a qualcuno venisse in mente di farlo potremo considerare il Recovery Fund l'ennesima occasione persa.

 

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