Quanto siamo "digitali"?

Nel 2022 il Consiglio ed il Parlamento Europeo hanno approvato un programma di “trasformazione digitale” con una serie di obiettivi da raggiungere in ogni paese comunitario entro il 2030  (“Digital Decade Policy Program”). In questo articolo analizzeremo il grado di raggiungimento di tali obiettivi che si evince dal report annuale per l’Europa e per l’Italia.

Foto: rawpixel / FreePik

Lo sviluppo digitale è uno degli aspetti chiave in termini di crescita, competitività e qualità della vita. È pertanto uno dei campi che l’Europa ha considerato necessario implementare per ogni stato membro. In tal senso nel 2022 il Consiglio ed il Parlamento europeo hanno approvato un piano di sviluppo Digitale in cui sono definiti alcuni obiettivi (“benchmarks”, Ndr) da raggiungere entro il 2030. In pratica, l’Europa chiede uno sforzo ai vari stati membri per aumentare le capacità digitali ponendo degli obiettivi concreti.

Tale “sforzo” è multidimensionale e prevede quattro grandi aree: infrastrutture digitali (digital infrastructure), trasformazione nel mercato (digital transformation of business), capacità digitali (digital skills) e digitalizzazione dei servizi pubblici (digital public services). Lo stato di avanzamento percentuale dell’ Europa verso tali obiettivi viene riportato nel report annuale. Da quest’anno un analogo report è disponibile anche per l’Italia.

Quant’è digitale l’Europa?

Come si evince dal documento di analisi del 2023 , l’Europa ha un buono stato di avanzamento nelle infrastrutture digitali per la copertura totale del 5G (89%), copertura delle reti ad alta capacità (Very-High Capacity Network - VHCN) (79%) e per il Fiber To The Premises (FTTP) (64%). 
E’ invece indietro nella copertura delle frequenze medie (3.4-3.8 GHz) del 5G (51%), ovvero il range di frequenze che permettono un misto di copertura e capacità di trasferimento dati e che devono essere assegnate nei singoli paesi. Discorso a parte riveste invece la questione semiconduttori che ha raggiunto il 55% del target e che, in seguito all’EU Chip Act, potrebbe ricevere una ulteriore spinta.

La macro-area “trasformazione digitale del business” è particolarmente importante per mantenere l’Europa al passo dei tempi. La digitalizzazione, il cloud, l’utilizzo dell’ intelligenza artificiale sono infatti aspetti innovativi già divenuti fattori competitivi per le imprese. In tal senso in Europa la situazione migliore si registra nella digitalizzazione delle piccole e medie imprese (64%) e nell’uso del cloud (52%), anche se con valori lontani dal target. Veramente basso, invece, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA) che raggiunge un misero 11% rispetto al target, dimostrandosi uno dei fattori con maggiore gap. 

Anche le digital skills di base e la formazione di specialisti ICT rientrano nel programma; ad oggi in Europa sono stati raggiunti  rispettivamente per il 69% e per il 49% (9,8 milioni rispetto al target di 20 milioni). Dati buoni ma difficili da colmare, considerati i tempi di formazione. 

I migliori risultati riguardano invece l’introduzione della cartella elettronica sanitaria (79%) e la digitalizzazione dei pubblici servizi per i cittadini (79%) e per le aziende (85%).

La situazione è quindi sufficiente per una buona parte degli indicatori, ma lo sforzo in UE è ancora notevole. In particolare, in base agli attuali ritmi di implementazione saranno sicuramente raggiunti gli obiettivi per FTTP, VHCN e E-Health, mentre un maggiore sforzo dovrà essere investito per la digitalizzazione dei servizi pubblici, per il cloud, per la formazione degli specialisti ICT e per incrementare le basic skills; in caso contrario sarà difficile il raggiungimento degli obiettivi al 2030. L’AI rimane argomento “caldo” di questo periodo storico ma scarsamente implementata nella realtà. Ed il problema non è solo la bassa percentuale sul target (8%) ma la velocità di introduzione;  in base all’attuale velocità di implementazione, infatti, i tempi di raggiungimento del target si avranno fra 100 anni (vedi figura 2). Il problema dovrà essere attentamente analizzato ed è richiesto un cambio di passo, evidentemente.

L’Italia ed i suoi “digital gaps”

Il report specifico per l’Italia presenta dei dati alquanto “disomogenei”. Dalla tabella Digital Dekade KPI (pg. 4) risulta chiara una buona progressione nella digitalizzazione dei pubblici servizi sia per i servizi (digital public services - DPS) ai cittadini (68%) che per le imprese (76%). Abbiamo lavorato bene anche per la digitalizzazione della sanità (e-Health); con l’ 83% dell’obiettivo raggiunto, siamo al di sopra della media europea grazie ad una notevole progressione nel 2023 (+15,9%).

Meno bene per quanto riguarda la parte start-up e aziende nel digitale con fatturato maggiore di un miliardo, i cosiddetti “unicorni”; ne abbiamo solo sette e per il 2030 il target è 16. L’UE raccomanda, in tal senso, un maggiore sforzo per sostenere l’ecosistema delle start-up innovative mediante finanziamenti, azioni di supporto e costruzioni di sinergie fra ricerca e sistema industriale. 

Siamo carenti anche in termini di adozione dell’intelligenza artificiale (5%) e nel data analytics (13%). Per migliorare, l’UE raccomanda misure per sollecitare l’adozione dell’IA da parte delle imprese anche mediante una maggiore diffusione delle infrastrutture cloud, come auspicabile grazie alla partecipazione dell’Italia  al progetto “Next Generation Cloud Infrastructure”.
Accenniamo anche due aspetti molto importanti: basic digital skills e percezione del digitale. Solo il 45,8% della popolazione italiana ha basic digital skills, fattori ormai riconosciuti importanti per un adeguato curriculum e per la competitività nel mercato del lavoro. Ma il dato più grave è la crescita rispetto al 2023; con un +0,2% il dato ci suggerisce una carenza di formazione che l’UE raccomanda mediante un incremento dei programmi di educazione digitale e incentivi per formare i lavoratori.
L’altro aspetto è la percezione del digitale che richiede un evidente sforzo di (in)formazione. I dati di riferimento derivano dal sondaggio condotto da Eurobarometro. Anche se l’83% degli italiani riconoscono l’importanza delle tecnologie digitali per l’accesso ai pubblici servizi e l’81% per la connessione con familiari ed amici, solo il 57% del campione è confidente nella sicurezza dei sistemi in termini di privacy e solo il 49% crede che ci sia una adeguata protezione dei diritti digitali da parti dell’UE. 

Nonostante per il digitale siano stati investiti il 25,6% della quota del Recovery Plan (47 miliardi di euro), l’Italia non ha ancora formalmente adottato e pubblicato il suo piano di azione. E’ questo il grande gap da colmare con priorità? Forse.

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