Il motivo per cui il discorso di Carlo Calenda sta avendo così tanto successo, anche tra i suoi più critici commentatori o tra chi solitamente non si esprime a favore di questo o quel partito, è puramente semiotico. Un personale flusso di coscienza.
Da anni la politica, nel suo pivot ormai decennale al populismo, al marketing del consenso, ha pedissequamente rinunciato a svolgere le sue funzioni basilari di analisi, individuazione delle responsabilità per poi infine legiferare con l'intento di risolvere quei problemi secondo una chiara visione a medio e lungo termine politica. Per fare ciò hai bisogno di politici che siano statisti, l'opposto dei populisti e del loro modus operandi, per cui la politica (gli avversari) sono il male che opprime il popolo per interessi divergenti e loro sono il punto di convergenza tra il "popolo" ed i loro legittimi interessi. La correlazione, cioè, è sempre che il popolo ha un bisogno X a cui lo Stato, ottempera, ai danni apparentemente solo dell'avversario politico italiano (o europeo) sempre a beneficio del popolo.
Ciò ha portato a tutte le evidenti falle nel nostro sistema, dove, indicatori alla mano, siamo pessimi ed in emergenza critica in praticamente tutti i fondamentali: produttività, sanità, sistema pensionistico, sistema scolastico e scolarizzazione, sistema fiscale, ecc...
Il danno più grande è la totale eliminazione del popolo e delle sue responsabilità dall'equazione di audit che il legislatore attua nell'esprimersi politicamente, d'altro canto "il popolo" accetta ormai solo questo paradigma. È qui che entra in campo la semiotica.
La parola "responsabilità" perde la sua connotazione oggettiva, divenendo simbolo di attributo negativo da utilizzare tra le parti politiche verso l'avversario, per dare autorevolezza alla convergenza individuata tra loro ed il popolo e legittimare le azioni politiche che inevitabilmente divergeranno dagli avversari, con l'intento (malcelato) del puro consenso elettorale. In realtà tale paradigma è già stato scardinato dall'argentino Milei, ma, senza divagare, non esultiamo prima di vedere le azioni ed i risultati. Torniamo da noialtri.
Ciò che Calenda ha semplicemente fatto nel suo intervento è pura "riqualificazione" semiotica. Ha scardinato il paradigma dell'avversario usando il loro "vessillo": la Pace. Smascherandone la simbologia, ha chiaramente qualificato la loro "Pace", ovvero:
Con una comunicazione eccellente, chiara e schietta ma allo stesso tempo esaustiva di esempi pratici (1 caffè/ mese*cittadino) accenni alla storia moderna. La parola "PACE" ha quindi perso il suo connotato simbolico di positiva alternativa, contrapposta alla guerra.
Lo dice chiaramente: Piuttosto, dite che volete la Russia vincitrice sull'Ucraina, ma non dite che volete la pace. La vostra soluzione non è la "Pace". Smontando la simbologia avversaria ed usando la semiotica facendo assurgere quindi da ora le posizioni avversarie come chiare posizioni a favore della Russia piuttosto che "pacifiste".
L'altro punto focale è sulla responsabilità. Qui ha lavorato in maniera duale; ha prima lavorato sulla connotazione semantica della parola come relegabile solo all'avversario politico per la situazione di divergenza con gli interessi del "popolo", rimodulando il paradigma e mettendo proprio il popolo come soggetto a cui poter e dover chiedere un'assunzione positiva di responsabilità, quantomeno civile. Usando le argomentazioni dette prima (economico/sociali) non solo dimostra che la guerra in Ucraina non sia divergente dagli interessi degli italiani sotto quei due parametri, ma si schiera fortemente in posizione di convergenza, rilanciando che, anzi, sia responsabilità proprio del popolo riconoscere questa convergenza e la necessità di supportare la causa Ucraina anche a fronte di costi ben maggiori rispetto agli attuali, irrisori invero. Le cause della divergenza, diventano ora obiettivi perseguibili nella convergenza degli interessi. Il populismo ha ceduto per una volta il passo ad un breve momento di politica ricondotta ad una visione a lungo termine chiara, dello Stato e dei suoi interessi, soprattutto in ambito internazionale. Almeno stavolta, il Sen. Carlo Calenda ci mostra che anche in Italia si può.
Viva questa Italia.
Viva questa Unione Europea.
Slava Ukraïni.