Abbiamo sentito parlare del debito pubblico come uno dei mali più grandi del nostro paese. Internet è pieno di contenuti che condannano il problema, canali YouTube, divulgatori e libri interi si spendono per spiegare come il debito sia un macigno sulle spalle degli Italiani. L'Istituto Bruno Leoni ha persino creato un orologio online che, in tempo reale, mostra quanto siamo indebitati. Eppure, questo problema non è mai stato affrontato concretamente dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Anzi, tutti quanti, dal primo all'ultimo, si sono sprecati per difendere le proprie politiche di incremento di deficit e spesa pubblica, i quali hanno soltanto peggiorato il problema.
Ma se il debito pubblico è uno dei grandi problemi del nostro paese come mai nessuno ne parla nelle campagne elettorali? E come pesa sulle vite dei cittadini Italiani?
In questo articolo cercheremo di dare qualche risposta a queste domande.
In poche parole, il debito pubblico è la somma delle passività accomunate da uno Stato. È formato da monete che sono iscritte al passivo nei conti della Banca d'Italia, ma è formato soprattutto dalle emissioni di titoli di debito pubblico, cioè le emissioni di Bot, Btp e altri titoli obbligazionari che lo Stato emette annualmente, sui quali paga un interesse.
Premesso che tutti gli stati fanno debito pubblico, si sceglie di fare debito pubblico quando c'è uno squilibrio fra le entrate, essenzialmente le entrate di carattere fiscale, e le uscite, cioè la spesa pubblica. In questo caso per poter finanziare la spesa pubblica, lo Stato deve reperire risorse e, per farlo, si rivolge ai mercati. Lo fa emettendo debito pubblico con la promessa di rimborso del debito a scadenza e il pagamento degli interessi cedolari durante la vita del titolo di debito pubblico.
Quindi di per sé il debito pubblico non è un male da evitare a tutti i costi, al contrario può essere una grande opportunità per una nazione per effettuare investimenti che ripaghino sul lungo periodo. Un esempio possono essere gli investimenti sulla transizione ecologica.
Il debito pubblico diventa un problema quando non è sostenibile, questa è la regola generale.
Quando il debito pubblico continua ad aumentare e non è sostenuto dalle finanze pubbliche, quindi essenzialmente dalle entrate fiscali, allora questo debito pubblico diventa un problema. C'è anche un altro punto però che va sottolineato, e cioè gli interessi sul debito. Il debito pubblico non è sostenibile, o comunque comincia ad avere problemi di sostenibilità, quando gli interessi che vengono richiesti al mercato superano una certa soglia. In particolare, potremmo dire che diventa un problema quando gli interessi richiesti dal mercato superano la soglia della crescita nominale del prodotto interno lordo. In questo caso, allo squilibrio fra entrate e uscite, si aggiunge lo squilibrio fra interessi che devono essere pagati e crescita del prodotto interno lordo. Quindi se il prodotto interno lordo cresce di una misura inferiore rispetto ai tassi ai quali vengono collocati I titoli di Stato, a quel punto il debito comincia ad avere qualche problema di sostenibilità nel breve, medio e lungo periodo.
L’Italia si trova in una condizione di alto indebitamento da moltissimi anni.
Attualmente abbiamo un debito pubblico su prodotto interno lordo che si aggira intorno al 140% e con la NADEF (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza) non sembra che le cose miglioreranno.
Il programma pluriennale previsto dalla NADEF ci dice che il debito pubblico si manterrà intorno al 140%, scendendo di livelli frazionali intorno al 139% nell'arco di un quadriennio. In linea di massima, come abbiamo visto, potrebbe non essere un problema se l'economia dimostrasse di essere viva, sostenibile e in crescita. Può diventare un problema nel caso in cui venissero a meno queste condizioni, e può diventare un problema anche in un altro caso, e cioè che in caso di uno shock che sia esogeno o endogeno. Ovvero che provenga da Fattori estranei alla politica Nazionale, o che dipenda da fattori interni.
L'avere un elevato rapporto debito PIL può rendere problematica la tenuta dei conti pubblici; lo abbiamo visto quando c'è stata la crisi del 2007, 2008 e 2009, in cui il debito è esploso e ci sono state fortissime tensioni sul debito pubblico emesso dall’Italia. Lo abbiamo anche visto in modo ancora più prepotente quando c'è stata proprio la crisi dei debiti sovrani nell’Unione Europea, partita dalla Grecia ma che ha anche contagiato la percezione della sostenibilità del debito Italiano. In quel caso, l'Italia è andata sotto pressione e ha dovuto poi mettere in atto delle politiche dure di riequilibrio dei conti, perché i mercati cominciavano a non fidarsi della nostra capacità di sostenere il debito. La situazione Italiana, quindi, non è tra le migliori, soprattutto perché la politica non sembra affatto interessata a volersi occupare del debito.
Infatti, l'Italia ha raggiunto livelli di pagamento di volume di interessi sul debito pubblico anche molto elevati quando c'è stato il periodo legato alla grande crisi del debito pubblico, appunto degli anni 2011-2012, o ancora prima quando ci si stava avvicinando all'ingresso nella moneta unica. All’epoca la somma degli interessi pagati sul debito era ben superiore ai 100 miliardi che vanno interamente conteggiati come spesa pubblica, che chiaramente non produce effetti positivi sull'andamento dell'economia.
Per dare un'idea approssimativa di quanto gli Italiani paghino ogni anno per i tassi di interesse sul debito possiamo fare una divisione molto semplice, ovvero dividiamo i tassi di interesse sul debito pubblico del 2022 per la popolazione Italiana nello stesso anno, il risultato che otteniamo è circa €1485. Pertanto, se ogni cittadino Italiano pagasse le tasse, inclusi anche coloro che non possono ancora pagare, come i giovani che non vanno ancora a scuola o i neonati, ognuno di noi pagherebbe attorno a questa cifra ogni anno per i tassi di interesse sul debito pubblico. Una cifra colossale che potremmo utilizzare per fare altro..
Prima di tutto crescere! Crescere in misura superiore al tasso di interesse pagato sul debito. Inoltre, le altre due cose che sostanzialmente si possono fare sono le seguenti:
generare avanzo primario, quantomeno nella misura in cui questo avanzo primario serva a coprire gli interessi sul debito, e quindi in questo modo stabilizzare la dinamica di crescita del debito, oppure rimborsarlo anticipatamente. In ogni caso, il debito può anche convivere con una finanza virtuosa, purché la dinamica di crescita del debito sia sempre contenuta all'interno di una forchetta che è pari alla crescita del prodotto interno lordo. In quel caso, se il rapporto non cresce, ma ancora meglio se il rapporto fra debito e PIL tende a diminuire, il paese viene considerato affidabile e i sottoscrittori del debito pubblico non pretendono, per poter sottoscrivere quelle obbligazioni, dei tassi di interesse particolarmente alti. Se viceversa, come accaduto in passato, la dinamica della crescita e la dinamica delle misure fiscali fanno intravedere una instabilità del debito e una difficoltà poi nel rimborsarlo, ecco che il quadro di finanza pubblica tende a complicarsi notevolmente mettendo a rischio i conti. Le soluzioni al problema del debito Italiano, quindi, esistono e sono chiare da attuare.
Tuttavia, c'è un grande ostacolo nel percorso per ridurlo costituito dalla mancanza di volontà politica, ma soprattutto dal disinteresse totale dell’elettorato Italiano per la questione. A titolo d’esempio, quando ci siamo avvicinati all'ingresso nell'Unione monetaria il dato di diminuzione della spesa per interessi è stato molto cospicuo, ed è stato uno degli effetti più benefici dell'ingresso nell'Unione Europea e nell'area monetaria comune. Grazie a quell'effetto il pagamento degli interessi sul debito si è ridotto moltissimo quasi del 50%. Successivamente, invece, le dinamiche di finanza pubblica attuate attraverso scelta di politica economica criticabili hanno riportato la spesa per interessi intorno ai 100 miliardi.
C'è un'ultima considerazione da fare, che riguarda le regole europee a questo proposito. Anche se spesso contestate, queste hanno l'obiettivo fondamentalmente di far convergere le economie degli stati membri all’interno di parametri di sicurezza e di tenuta dei conti pubblici. Non è fondamentale che si raggiunga il 60%, così come stabilito dal Trattato di Maastricht, o il 90% così come stabilito dal nuovo patto di stabilità e crescita, ma è molto importante che i sottoscrittori di debito pubblico percepiscano che i conti sono in equilibrio e che possano essere onorati dallo stato emittente.