Da tempo, dallo scoppio dell’inflazione, è ritornato un tema importante in Italia: quello dei salari. Ma cosa c'entra l’inflazione con i salari? L’inflazione ha un effetto negativo sui salari, ovvero quello di erodere i salari reali, i quali non crescono in Italia da decenni, riducendo il potere d’acquisto delle persone.1
Ma il problema dei salari in Italia non è recente e persiste da decenni, infatti è uno dei temi al centro di molti dibattiti tra economisti, politici e studiosi.
Cerchiamo di dare un quadro generale confrontando la situazione italiana con quella dell’Europa.
Che cos'è il PIL e come è formato?
Il Prodotto Interno Lordo di un Paese è innanzitutto un indicatore; misura il livello di produzione aggregata dell’economia, in altre parole, la ricchezza totale generata da un Paese in un determinato periodo di tempo.
Come è formato il PIL?
In pesi percentuali i 3 settori economici che compongono il PIL sono per il settore primario (pesca, allevamento, agricoltura e selvicoltura) circa il 2%, il settore secondario (industria e costruzioni) occupa il 25% dell’economia italiana e, infine, il settore terziario (il mondo dei servizi) il 73%.
L’Italia, come vedremo in seguito, è composta maggiormente da piccole imprese (0-9 dipendenti) che occupano circa il 95% delle imprese attive, le imprese grandi (250+ dipendenti) sono appena lo 0,1% , con rispettivamente il 47,5% e il 23% degli occupati.
Nel settore secondario, la componente principale è l’industria manifatturiera, che costituisce l’attività più rilevante in Italia, seconda in Europa solo dietro alla Germania, oltre che voce principale dell’Export italiano. Nel settore dei servizi l’attività più importante risulta essere quella del Commercio.
Vediamo come questo indicatore importante ci può dare qualche informazione sul nostro Paese, confrontandolo con quello degli altri Paesi europei
Con il grafico elaborato dal MEF su dati Eurostat possiamo fare un'analisi comparata fra diversi paesi; in particolare, consideradno quale anno base il 2007, si ricavano le seguenti interessanti evidenze:
Il PIL italiano dal 1980 al 2000 ha avuto un tasso medio di crescita del 10%, invece dal 2000 al 2021 del 1,8%. 3
Nel periodo considerato, il PIL è stato caratterizzato da un andamento altalenante: a fasi di espansione economica (aumento del PIL) sono seguite fasi di contrazione economica (riduzione del PIL).
Le fasi di contrazione economica sono caratterizzate da Crisi nel sistema Economico; vediamo quelle che hanno colpito il nostro Paese (e non solo) e l’impatto che hanno avuto:
L’Italia sta facendo molta fatica a riprendersi da queste crisi a differenza degli altri paesi Europei. Perché l’Italia non è riuscita a riprendersi del tutto?
I problemi che ha riscontrato il nostro Paese in questi anni non derivano dall’esterno (come ad esempio sentiamo spesso che la colpa è dell’Euro e dell’Unione Europea), ma dipendono dall'interno, dovuti alla struttura del nostro paese, alle scelte politiche che sono state fatte durante tutti questi anni e ora ne stiamo riscontrando gli effetti. Elenchiamo alcuni di questi problemi:
Queste sono solo alcune delle cause della stagnazione italiana, ma vediamo ora di concentrarci sul tema salari e di cercare di capire quali sono le cause per cui questi ultimi sono così tanto discussi.
Cos'è la produttività?
La produttività è la capacità di produzione di un'azienda combinando al meglio i suoi fattori produttivi. Nel periodo 2010-2016 la produttività italiana del lavoro è aumentata dello 0,14%, dato molto scoraggiante, il secondo peggiore solo dopo la Grecia.
La crisi del 2008 ha avuto un impatto devastante sulla produttività in tutti i paesi soprattutto in Europa. L’Italia invece ha difficoltà con la propria produttività molto prima del 2008, infatti nel range 2001-2007 ha fatto ancora peggio con un misero 0,01% annuo.
Nel complesso nel range 1995-2016 il tasso annuo di crescita della produttività è stato dello 0,3%, ma cerchiamo di capire quali sono stati i motivi di questo “male oscuro” che ha colpito l’Italia tramite 4 punti chiave:
1. Difficoltà nel fare impresa
Difficoltà nel combinare efficientemente il sistema finanziario con le imprese italiane, soprattutto nell'accesso al credito le imprese italiane rispetto alle altre nazioni fanno molta fatica, questo ovviamente riduce gli investimenti che le aziende italiane possono fare. L'Italia inoltre ha un’economia incentrata sulle imprese piccole e medie (come abbiamo visto prima) con produzione tradizionale e difficoltà e nessun progresso tecnologico, punto fondamentale questo, che segna un distacco tra vecchie eccellenze italiane e le imprese italiane oggi: Ferrero, Piaggio, Luxottica solo per citarne alcune delle imprese nate nel boom economico anni ‘60.
Gli imprenditori avevano a disposizione capitale umano perfettamente formato per la necessità di quegli anni, infatti l’economia italiana necessitava principalmente di forza lavoro incentrata sulla manifattura e vi erano lavoratori che soddisfacevano la domanda di lavoro poco qualificata, ma questa domanda, col passare degli anni e con il progresso tecnologico, cambia lentamente nel tempo.
Rispetto ad altri paesi l’Italia si è adeguata molto lentamente al progresso tecnologico, punto chiave per capire l'arretratezza dell’economia italiana, ad esempio non riformando le scuole le quali restano uguali per anni; mentre gli altri paesi cercavano di innovare, l’Italia restava ferma, e i lavoratori, che ogni anno entravano nel mercato del lavoro, erano specializzati esattamente come gli anni precedenti, non c’è stata, quindi, un'innovazione culturale facendo rimanere indietro il nostro Paese rispetto agli altri.
Negli ultimi anni nel settore tecnologico si affermano poche imprese come Eni ed Enel, ma la capacità degli italiani a “fare Impresa” scompare lentamente dovuto alla “non innovazione” del nostro sistema ed è un punto molto importante da osservare.
2. Basso livello di Competenze
L’Italia è colpita da un fenomeno molto particolare, quello dello Skills mismatch, ovvero il disallineamento che si crea tra i percorsi di studi e le competenze richieste delle aziende italiane, soprattutto a partire dagli anni 80.
Punto molto importante perché da qui si riesce a dare una spiegazione sulla disuguaglianza salariale creatasi e sul perché i salari non riescono a crescere; mentre l’offerta di lavoro poco qualificata è cresciuta progressivamente nel tempo, la domanda di lavoro poco qualificata è aumentata di poco, questo ha provocato la discesa dei lavoratori poco qualificati. D’altra parte, l’offerta di lavoro qualificato aumentava lentamente nel tempo e invece la domanda è salita drasticamente, questo ha comportato l’aumento dei salari dei lavoratori altamente qualificati. Inoltre, il fenomeno dei bassi salari a parità di alta qualifica è uno dei più bassi in Europa, questo spinge i giovani ad espatriare dal proprio paese. Analizziamo alcuni dati dell’osservatorio OCPI 5:
Inoltre, rispetto agli altri paesi, gli italiani migliorano il proprio tenore di vita soprattutto in età avanzata, oltre i 55 anni. Le carriere sono dunque molto lente disincentivando così di molto i giovani lavoratori, invece negli altri paesi europei non è così, i giovani guadagnano fin da subito ed è per questo che attraggono sempre più talenti stranieri.
3. Carenze strutturali e divario Nord-Sud
Possiamo notare aiutandoci con un grafico a capire la tendenza della disparità nel reddito tra le varie aree all’interno dell’Italia. Sottolineando, dallo studio condotta dalla Banca d’Italia, aspetti importanti come:
Ci sono molte altre evidenze importanti da poter consultare 6.
4. Bassi livelli di investimenti in Ricerca e Sviluppo e arretratezza tecnologica
Gli investimenti italiani in Ricerca e Sviluppo sono molto bassi, sotto la media europea. Come abbiamo accennato già negli anni ‘70 l’Italia non è stata capace di cavalcare l’onda del progresso tecnologico, ma il problema persiste tuttora. Gli investimenti sono pochi e concentrati soltanto in 4 regioni, che come possiamo immaginare dopo avere analizzato il punto 3, sono tutte al Nord.
Guardando il Digital Economy and Society Index il Paese è sotto la media dell’EU, vengono analizzati 4 punti: Human Capital, Connectivity, integration of digital technology e digital public services 7. In Italia poi sono maggiormente diffuse le piccole-medie imprese, che hanno investimenti minori rispetto alle grandi imprese.
Osserviamo un grafico che riassume quello detto finora; è estratto dalla banca dati di “Fred”, ed è il “Total Factor Productivity”, o semplicemente TFP. Ma cos’é il TFP?
Il TFP è la produttività totale dei Fattori Produttivi impiegati; misura l’efficienza con cui le imprese utilizzano i loro Fattori Produttivi.
Come possiamo notare, il 1980 segna una svolta importantissima per l’Italia, difatti da quell’anno in poi il TFP non è mai ritornato a quei livelli, importante per capire il motivo di questa svolta nel TFP è nel Punto 2 spiegato poco sopra.
Cerchiamo, in questo paragrafo, di capire come funziona il sistema di tassazione, il sistema di tassazione comparato e che effetto ha sulla distribuzione salariale. Solitamente abbiamo una tassazione su:
L’Italia, come anche altri Paesi, sta seguendo il trend in cui i redditi da Capitale superano quelli da Lavoro, ovvero, per capirci meglio, con i soldi si fanno più soldi piuttosto che con il lavoro. Redditi da Lavoro, che già rispetto alla media europea sono più bassi, vediamo ora di quanto facendo una piccola comparazione:
Dal working paper fatto dall’INPS 9 possiamo evidenziare alcuni punti:
La Germania è il paese che ha il miglior gettito fiscale, cioè incassa la maggior quantità di miliardi dalle loro imposte, questo perché ha anche la miglior economia.
L’Italia insieme, a Spagna e Grecia, ha il maggior peso nella contribuzione previdenziale a carico dei lavoratori dipendenti.
La spesa in pensioni è elevatissima rispetto agli altri paesi europei, difatti il rapporto tra i redditi mediani degli over 65 e quello dei 18-64 è al secondo posto in europa sotto solo al Lussemburgo.
Inoltre, l’alta tassazione sulle pensioni (circa 60 miliardi) comporta che l’Italia è ultima per rapporto pensione lorda / pensione netta rispetto agli altri paesi OCSE 10.
La spesa per previdenza e assistenza è seconda in Europa, solo dopo la Francia, con voce maggiore quella delle pensioni previdenziali che risulta inoltre la più elevata in Europa.
Uno dei maggiori problemi dell’Italia, sotto questo punto di vista, è il rapporto occupati / pensionati, in netto calo dovuto alla crisi demografica in atto e al sistema pensionistico italiano. Dagli anni 70 in calo anche il tasso di fertilità che peggiora ulteriormente la situazione 11.
Il nostro Paese spende il 50% della spesa pubblica in welfare, nel futuro a causa della crisi demografica potrebbe risultare insostenibile questo sistema pensionistico, la spesa aumenta ma i risultati non migliorano, bisogna investire in istruzione e in politiche di lavoro. La maggior voce di entrata dell’INPS proviene dal cuneo fiscale, che come abbiamo già visto è molto alto in Italia, però non basta l’alto cuneo fiscale, infatti l’INPS annualmente deve modificare il suo bilancio inserendo circa 159 miliardi da proventi fiscali alternative.
Cosa vuol dire questo?
Che l’INPS non ha abbastanza entrate da gettito contributivo e deve pagare alcune pensioni facendo deficit, alimentando così il debito pubblico, che è già molto elevato come abbiamo visto anche all’inizio. Però questa strategia di fare debito non è sostenibile a lungo termine, dato già la criticità di oggi nel sistema pensionistico. La soluzione c’è e fra poco vedremo quale sarà.
Negli ultimi anni, la crescita dell’economia italiana ha affrontato grandi difficoltà, un trend che ha radici nel decennio tra gli anni '70 e '80, quando si è verificata una svolta negativa. Oggi, la parola che meglio descrive la situazione economica italiana è "stagnazione".
Questa situazione è il risultato di scelte politiche fatte in quegli anni, della successiva incapacità di adattarsi all’Euro, di due grandi crisi economiche consecutive e, più recentemente, della pandemia di Covid-19. Questi fattori hanno contribuito a una situazione economica peggiore rispetto ai vicini dell’Unione Europea, con salari che ne hanno risentito significativamente, come abbiamo visto.
Nonostante la classe politica attuale debba affrontare gli effetti delle scelte passate, non è obbligata a rimanere passiva. Al contrario, dovrebbe impegnarsi con determinazione per risollevare l’Italia dal baratro in cui si trova.
Per farlo, l’Italia può adottare diverse misure, tra cui aumentare la produttività, incrementare gli investimenti nei giovani e incentivare la loro partecipazione al mercato del lavoro. È necessario riformare il mondo del lavoro per garantire salari dignitosi, come sancito dalla Costituzione. Inoltre, è fondamentale ridurre il debito pubblico e utilizzarlo in modo intelligente attraverso politiche economiche adeguate.
Il sistema pensionistico richiede anche interventi correttivi. Attualmente non è sostenibile e potrebbe causare problemi significativi nei prossimi anni, come evidenziato da vari studi. Una possibile soluzione potrebbe essere un leggero taglio alle pensioni più alte, anche se questa misura risulterebbe impopolare e politicamente rischiosa.
L’Italia deve affrontare con decisione anche il problema dell’evasione fiscale. Abbiamo visto come il reddito da lavoro dipendente sia altamente tassato, mentre molte imprese, soprattutto piccole, evadono le imposte. Questo fenomeno, particolarmente grave in Italia, non accenna a diminuire e anzi, l'ammontare delle somme evase cresce di anno in anno.
Per uscire dalla stagnazione, l’Italia deve avere il coraggio di riformare vari aspetti del proprio sistema economico e sociale. È indispensabile correggere gli errori del passato e prevenire nuovi sbagli per costruire un futuro più prospero.