Nell’Unione Europea, l’energia costa più che negli USA ed oltre il 50% proviene da paesi extra-UE. Un sistema di approvvigionamento energetico più resiliente ed economico è cruciale per garantire lo sviluppo dell’Europa, ma raggiungere questo obiettivo non sarà facile.
Il report “Much More than a Market”, presentato da Enrico Letta alla Commissione Europea, propone alcune strategie per affrontare il problema energetico nell’UE e non solo. Saranno queste proposte la giusta via da seguire per l’Europa?
Negli ultimi anni nel “vecchio continente”, il prezzo del gas è stato in media tra le 2 e le 3 volte superiore al prezzo osservabile negli USA, l’elettricità è costata più del doppio[1] e, mentre dall’altra parte dell’oceano si esporta più energia di quanta se ne consumi[2], in UE si importa oltre il 50% dell’energia consumata[3]. Produrre a costi più bassi e senza dipendere eccessivamente da Stati extra-Europei è un obiettivo di primaria importanza per l’Europa ed il report “Much More than a Market”, presentato da Enrico Letta alla Commissione europea, propone alcune iniziative per risolvere il problema energetico europeo.
Il rapporto, nelle sue oltre 140 pagine, non si focalizza soltanto sul mercato dell’energia, ma analizza numerosi altri mercati per proporre degli interventi che possano portare ad una maggiore integrazione dell’economia europea e la creazione di un vero e proprio mercato unico. Tra i vari temi affrontati, la sezione dedicata al mercato unico dell’energia offre numerosi spunti per riflettere sulle prossime sfide per l’Europa e le possibili strategie da seguire.
Il primo tema affrontato nel report in merito al tema energetico riguarda l’importanza di un mercato elettrico unico. I primi tentativi di crearlo risalgono al 1996 e da allora vi sono stati mutamenti considerevoli sia a livello nazionale che continentale. I mercati elettrici nazionali sono diventati più competitivi dalla fine degli anni ‘90 e la percentuale di energia elettrica prodotta e scambiata tra gli Stati membri è aumentata[4]. Eppure, il mercato elettrico rimane ancora oggi frammentato[5], benché i benefici sarebbero numerosi, come sottolinea E. Letta nel report.
Mercati integrati su scala continentale garantiscono la produzione di energia pulita nel modo più rapido ed economico possibile… [e] permettono di mitigare l'impatto degli shock esterni che colpiscono selettivamente uno o più Paesi.
Un mercato elettrico più interconnesso garantirebbe in primis una minor volatilità dei prezzi dell’elettricità. I prezzi dell’energia elettrica sono determinati dalla quantità di elettricità richiesta in un mercato e la quantità offerta in quel momento. La domanda e l’offerta cambiano durante il giorno e gli stessi prezzi si modificano di conseguenza. Alle 2 di notte non si consuma tanta energia quanto alle 18 e l’energia prodotta da un impianto eolico non è costante dal momento che dipende dalla velocità del vento in quell’istante.
Se fosse possibile scambiare elettricità con maggior facilità tra gli Stati membri, i picchi di domanda in uno Stato potrebbero essere riequilibrati dalla minor domanda in un altro Paese ed i cali di offerta in uno Stato sarebbero bilanciati da eventuali picchi di produzione in un altro. In questo modo, attenuando gli “sbilanciamenti” tra domanda ed offerta, si ridurrebbe la volatilità dei prezzi dell’elettricità. Un mercato elettrico unico sarebbe anche più resiliente dal momento che gli effetti di shock locali sarebbero attenuati. Immaginiamo che per un mese intero non ci sia sufficiente sole in Sicilia per produrre abbastanza energia attraverso gli impianti fotovoltaici. Difficilmente questa condizione atmosferica colpirà contemporaneamente tutti gli altri Stati europei ed in questo modo gli effetti dovuti al calo di produzione nella regione potranno essere mitigati dall’utilizzo di energia prodotta nei Paesi vicini.
Produrre energia elettrica in modo più efficiente sfruttando le caratteristiche geografiche dei vari paesi sarebbe un altro dei vantaggi del mercato elettrico unico. Un impianto eolico on-shore in Finlandia è in media più produttivo di uno in Germania. Se i mercati elettrici fossero più integrati si potrebbero costruire gli impianti per produrre l’energia per la Germania in Finlandia e, a parità di costi, produrre di più dal momento che gli impianti in Finlandia sarebbero più produttivi.
Infine, un mercato elettrico più integrato permetterebbe di ridurre i costi legati allo stoccaggio di energia e aumenterebbe la competizione all’interno del mercato stesso dal momento che porterebbe le imprese operanti nei mercati elettrici nazionali a competere tra loro a livello continentale. Grazie a questi numerosi benefici, una tale integrazione faciliterebbe certamente l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili come sottolineato anche nel report. Tuttavia, vi sono alcune criticità che nel rapporto sembrano passare in secondo piano. In primis, anche con un mercato elettrico pienamente integrato su scala europea, la produzione di energia elettrica da fonti green come l’eolico o il solare rimarrebbe comunque suscettibile alle condizioni atmosferiche. La naturale irregolarità di alcune fonti energetiche ne limita l'impiego, in particolare per alcuni utilizzi particolarmente sensibili come la generazione di energia per ospedali. Inoltre, nonostante l'incredibile innovazione tecnologica nel campo delle batterie, la capacità di queste tecnologie rimane ancora limitata e rende piuttosto difficile immaginare uno scenario in cui la capacità delle batterie sia tale da permettere di alimentare le nostre società soltanto con energia green, soprattutto se decidessimo di escludere il nucleare dalla lista delle fonti utilizzabili [7].
Un altro tema rilevante ed in parte indirettamente nominato all’interno del rapporto è l’importanza nei prossimi anni delle Smart Grid (SG), nonché le reti di informazione che permettono la distribuzione di elettricità in modo “intelligente”. La loro implementazione sarà cruciale nei prossimi anni per ridurre gli sprechi dovuti al trasporto di energia e non solo, dal momento che una miglior rete di distribuzione dell’elettricità è indispensabile per assicurare un fornitura di energia continua sia in caso di shock che per fronteggiare la naturale volatilità derivante dalla produzione di energia green.
Benchè non direttamente menzionato all’interno del report, sempre con riferimento alle Smart Grid, promuovere l’innovazione nelle tecnologie usate dalle stesse reti, migliorare i sistemi di stoccaggio e rimuovere le barriere burocratiche alla costruzione di nuove infrastrutture saranno sfide a cui l’UE non potrà sottrarsi[8].
L'Europa ha bisogno di un processo di pianificazione e realizzazione più sincronizzato tra i vari settori energetici e i confini nazionali.
L’altro punto affrontato all’interno del report è la necessità di un maggior coordinamento tra gli Stati membri per la costruzione di infrastrutture transfrontaliere. In particolare, E. Letta cita la North Seas Energy Cooperation (una collaborazione tra 9 paesi del Nord Europa, inclusa la Norvegia, e la Commissione europea per creare una rete elettrica integrata alimentata da energia rinnovabile[9]) come un esempio virtuoso di coordinamento regionale da imitare. Prendendo ad esempio il progetto, nel report si suggerisce di ampliare il mandato anche delle altre tre High-Level Groups (le regioni create all’interno dell’UE per favorire la cooperazione tra alcuni Stati membri per il raggiungimento di un mercato elettrico più integrato) e si propone di promuovere la cooperazione all’interno di queste regioni anche per il raggiungimento di obiettivi riguardanti la produzione di energia rinnovabile e l’utilizzo dell’idrogeno. Sempre in virtù di una cooperazione che superi i confini nazionali, il report propone anche di aumentare il budget dell’unione per le costruzioni di infrastrutture transfrontaliere. Un framework per la promozione di infrastrutture energetiche di interesse comunitario esiste già dal 2013, è il Trans European Network for Energy (TEN-E). Il TEN-E Regulation determina le condizioni per definire un progetto di interesse comune (CPI) e prevede alcune semplificazioni degli iter burocratici per questi progetti[10] oltre che appositi fondi comunitari grazie al Connecting Europe Facility (CEF), le cui risorse ammontano a ben 5,84 miliardi di euro per il periodo 2021-2027[11].
Nel report si ritiene necessario un aumento delle risorse del CEF e, oltre ad aumentare i fondi pubblici per le infrastrutture energetiche, si suggeriscono ulteriori politiche per promuovere gli stessi investimenti privati. A questo proposito, E. Letta propone di promuovere l'utilizzo di strumenti finanziari come i Green Bonds (obbligazioni emesse dal 2007 da enti pubblici e privati per finanziare progetti con un impatto ambientale positivo[12]) e di velocizzare le procedure per l’ottenimento dei fondi e dei permessi necessari per costruire nuove infrastrutture. In particolare, nel report si suggerisce la creazione di un'apposita agenzia, la Clean Energy Delivery Agency, in modo da
fungere da agenzia esecutiva per la Banca Europea dell'Idrogeno e supervisionare i progetti pilota di sviluppo del mercato nei settori emergenti delle tecnologie pulite, a partire dall'idrogeno e dalle materie prime; assistere nel dispiegamento di infrastrutture transfrontaliere integrate attraverso finanziamenti a fondo perduto e contribuire alla pianificazione e programmazione a livello dell'UE; supervisionare i regimi di incentivi per la diffusione su larga scala delle tecnologie pulite, in particolare nel settore industriale; e fungere da sportello unico per aziende e parti interessate, offrendo accesso a schemi di certificazione, consulenza su fonti di finanziamento e supporto nelle procedure di autorizzazione[1].
Infine, la nuova agenzia europea avrebbe anche il compito di armonizzare i dati disponibili sulle infrastrutture e l’intero sistema di approvvigionamento e produzione di energia in Europa per migliorare l’implementazione di future politiche energetiche e garantire ai policy makers maggiori informazioni in caso di nuove crisi[13].
L’ultimo tema affrontato dal report in merito al mercato unico energetico è relativo ai rapporti tra l’UE ed il resto del mondo per assicurare la sicurezza e la resilienza del sistema di approvvigionamento energetico. E. Letta ricorda in primis l’importanza di affermare la cyber security delle infrastrutture energetiche e la necessità di
garantire un'efficace attuazione delle norme sul controllo degli investimenti diretti esteri nei settori strategici.
Nel rapporto si sottolinea poi l’importanza di garantire delle catene di approvvigionamento resilienti diversificando l’origine di gas, petrolio e delle materie prime essenziali per le tecnologie rinnovabili. A questo proposito, la strategia europea adottata con “The Critical Raw Materials Act” è considerata un esempio da seguire in quanto permetterà di ridurre la dipendenza dell’UE da Stati esteri diversificando le fonti di approvvigionamento di materie prime, aumentando le riserve comunitarie ed incentivando gli investimenti in progetti volti al riutilizzo delle stesse materie prime una volta esaurito il loro normale ciclo di vita.
Tuttavia, benchè non presente nel report, è cruciale considerare che una diversificazione dei partner commerciali per quanto auspicabile si scontra con alcuni limiti dovuti alla distribuzione geografica di determinate risorse e all’impossibilità di avere perciò una catena di approvvigionamento del tutto indipendente da eventuali squilibri geopolitici.
Infatti, nel 2023, quasi il 20% del gas importato in Europa proveniva da Qatar o Paesi del Nord Africa[14] mentre molte delle materie prime necessarie per la produzione di energia provengono da Cina (66%), Sudafrica (9%) o Repubblica democratica del Congo (5%)[15]. Il report suggerisce anche che i paesi dell’UE dovrebbero cooperare nell'acquisto di terre rare ed altre materie prime per beneficiare di una maggior forza contrattuale durante le trattative. Infine, E. Letta esorta ad aumentare il numero di progetti per la costruzione di infrastrutture transfrontaliere con paesi differenti dai 27 stati membri. In particolar modo con Moldavia, Ucraina e Georgia, che aspirano ad entrare a far parte dell’Unione, ed i paesi del nord Africa. Specificamente nelcontinente Africano, data la ricchezza di risorse naturali in questi paesi, il report individua possibili partner per l’UE, e si auspica che i rapporti con questi paesi possano essere rafforzati, offrendo la propria esperienza nell’implementazione di progetti per la transizione energetica.
Le proposte presentate da Enrico Letta per un mercato energetico unico sono numerose e si inseriscono all’interno di un più ampio quadro di possibili interventi individuati per il rafforzamento del mercato unico europeo. Alcune delle misure proposte ribadiscono l’importanza di misure già conosciute all’interno dell’Unione e sottolineano la necessità di continuare lungo la strada intrapresa, talvolta intensificando lo sforzo. Altre soluzioni, invece, come la creazione della Clean Energy delivery Agency, costituiscono una vera e propria novità.
Vedremo, con la nuova legislatura europea, quante delle misure suggerite saranno implementate e se nei prossimi anni riusciremo effettivamente ad avere un mercato energetico unico, più economico e più resiliente a shock e minacce esterne.
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