Il nucleare è debolmente rientrato nel dibattito pubblico in seguito a dichiarazioni sul suo possibile ruolo in Italia e dopo che al G7 ne è stata sottolineata l’importanza come pilastro della decarbonizzazione mondiale.
Nelle prossime righe cercheremo di analizzare i vari aspetti dell’energia nucleare, con particolare focus sulle possibili strategie per l’Italia.
“Il tema dell'energia è in generale un tema di misura sul quale è importante, soprattutto in questa fase storica, non commettere errori memorabili.” (cit. Piero Martin)
Il dibattito sulle questioni energetiche vede spesso una contrapposizione tra sostenitori delle fonti fossili e quelli delle rinnovabili. Frequentemente capita di “assistere a dispute o conflitti che sono soprattutto ideologici”, “poco pilotati da dati oggettivi” oppure “condizionati dall'immaginario, dall'emozione.” (cit. Piero Martin).
A rendere ulteriormente complicato il quadro, si è aggiunto il dibattito legato all'indipendenza energetica che è tornato alla ribalta in seguito ai recenti, e tuttora in corso, eventi geopolitici che hanno completamente modificato il panorama energetico europeo ed italiano, dimostrando come le scelte di approvvigionamento possano richiedere importanti sforzi di adeguamento in caso di crisi.
Altra questione è quella legata alle supply-chain dei prodotti che sono fondamentali sia per la transizione green che dei materiali per l’attuazione della medesima.
Inoltre, il tutto deve essere contestualizzato all’interno di una politica di decarbonizzazione che tende al contrasto del riscaldamento globale e che rientra nel programma “Net Zero 2050”. Le fonti rinnovabili costituiscono una componente importante per il raggiungimento di tali obiettivi, ma presentano una serie di limitazioni. In particolare sono fonti che non garantiscono una quota base di energia, dato che sono per definizione intermittenti (giorno/notte per il solare, presenza di vento per l’eolico, etc.). Il nucleare, invece, permette una produzione costante di energia “di base”, presenta una quota di “modulabilità” della produzione e, soprattutto, non produce CO2 nel processo di attività.
Partendo da queste premesse e con questo scenario energetico così sfaccettato ed interconnesso - nonché così vulnerabile - viene da chiedersi: può il nucleare avere un ruolo nella transizione green? E quale eventuale ruolo può avere in Italia? Quale strategia per attuarlo?
“Insieme ad un'ampia quota di risorse energetiche rinnovabili, le tecnologie nucleari di nuova generazione hanno un ruolo importante da svolgere nella transizione energetica verso un'economia a basse emissioni di gas serra.” (Dodaro & Tarantino, n.d.).
Fra le varie fonti energetiche, il nucleare soddisfa per il 3,7% la richiesta mondiale di energia; il 76% circa deriva invece da fonti fossili.
Attualmente nel mondo sono attivi circa 400 reattori a fissione. Mentre Cina e Russia stanno costruendo nuovi impianti, in Europa e Stati Uniti il nucleare sembra faticare a conquistare campo.
Dopo un periodo di investimenti sostanziosi (anni ‘70 - ‘90), negli ultimi anni gli investimenti sul nucleare in occidente sono sostanzialmente crollati. Dai primi anni 2000, in Europa sono entrati in funzione pochi impianti e con significativi ritardi nei tempi di consegna. La maggiore espansione si registra in Cina, India, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Turchia (Garribba, 2024).
L’Italia presenta un quadro di consumo energetico qualitativamente del tutto sovrapponibile a quello mondiale. Dal grafico (vedi sotto) si evince come l’Italia presenti una quota di consumo di energia da nucleare dello 0%. In realtà, se consideriamo non l’energia bensì l’elettricità, l’Italia presenta un consumo di energia elettrica diverso da zero. Infatti, importiamo una quota di elettricità che per l’anno 2023 è stato di circa 50-55 GWh dall’estero (circa il 20-25% del totale) e tale quota per il 35-40% proviene dalla Francia che, com’è noto, produce la maggior parte della propria elettricità da fonte nucleare (62%) (France - Countries & Regions - IEA, n.d.). Detto ciò, al 2022 l’Italia presentava un consumo di energia da gas e petrolio per circa l’80%, per la maggior parte importato. In prospettiva di riduzione della dipendenza da fonti clima-alteranti (soprattutto importate) e dei tempi stretti per il raggiungimento di tale obiettivo, l’energia nucleare può rappresentare una componente da valutare anche per l’Italia.
Durante la COP28, è stata firmata una dichiarazione in cui 22 paesi chiedono di triplicare la produzione di energia basata sul nucleare entro il 2050. Fra questi, figurano anche 12 paesi europei (Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Ungheria, Moldavia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia) (Clima: I Punti Salienti Della COP28 - ONU Italia, 2023). L’Italia non ha firmato la dichiarazione. Questo obiettivo non va confuso con quello approvato durante la stessa COP28 e che prevede entro il 2030 di triplicare la capacità globale di energia rinnovabile (COP28 Tripling Renewable Capacity Pledge – Analysis - IEA, 2024).
L’Occidente (ed i paesi europei) non ha una visione comune sul nucleare. La popolazione italiana ancora meno.
Recentemente è stato pubblicato un sondaggio SWG sul tema nucleare; il 26% del campione si dichiara contrario al nucleare ma la percentuale si riduce nella popolazione giovane (18% fra i 18 ed i 34 anni). Nonostante ciò, i contrari alla costruzione di nuovi impianti nucleari è del 49%. I risultati del sondaggio dimostrano che il nucleare è un argomento complesso e con posizioni quantomeno “poliedriche”. Sembra, però, che la posizione sul nucleare stia mutando soprattutto nelle giovani generazioni.
La questione del rischio nucleare rimane uno degli aspetti più importanti e divisivi quando si parla di energia nucleare ed ha notevolmente influenzato sia l’opinione pubblica che le scelte politiche. “Dobbiamo partire dal presupposto che ogni attività umana presenta dei rischi” (Piero Martin). Anche la produzione di energia elettrica per fissione nucleare presenta “una percentuale di rischio” ma tale rischio deve essere quantificato e contestualizzato in modo da capirne la reale entità. In termini assoluti, le centrali nucleari sono sottoposte a controlli e verifiche estremamente rigorose e secondo le indicazioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (IAEA). Il rischio di incidente nucleare è quindi ridotto al minimo grazie a stringenti legislazioni sia in fase di costruzione che in fase di operatività degli impianti.
A supporto di queste affermazioni riportiamo il grafico particolarmente esplicativo di OurWorldInData; l’energia nucleare è la seconda fonte energetica più sicura e la più pulita in assoluto (Ndr in termini di emissioni di CO2).
Tuttavia, la preoccupazione diffusa sulla pericolosità del nucleare viene molte volte sfruttata in una dialettica attendista verso la costruzione di nuove centrali, motivando con la maggiore sicurezza del nucleare più avanzato. Ma cosa si intende per nucleare di nuova generazione?
“Un po' per disinnescare anche retoricamente il timore di poter osservare incidenti ” il nucleare di nuova generazione viene spesso presentato come maggiormente sicuro. Attendere il suo sviluppo piuttosto che costruire nuovi reattori ad oggi disponibili è la dialettica politica più frequente. In realtà gli attuali reattori di terza generazione sono già altamente sicuri proprio perché in linea con gli standard internazionali in tema di sicurezza.
“Nucleare di nuova generazione” è una dizione che viene frequentemente utilizzata in modo intercambiabile fra “fusione nucleare” e “fissione nucleare di quarta generazione”.
Spesso si rischia di confonderli invece è bene fare chiarezza perchè sono tecnologie notevolmente diverse.
La fusione nucleare è il processo diametralmente opposto alla fissione nucleare” in cui nuclei leggeri si fondono e convertono energia”.
Allo stato attuale, non è stato ancora realizzato un reattore per la conversione dell’energia prodotta dalla fusione in energia elettrica “ma ci stiamo lavorando con grande alacrità”.
L’Europa è all’avanguardia in questo campo con il consorzio ITER.
“In southern France, 35 nations are collaborating to build the world's largest tokamak, a magnetic fusion device that has been designed to prove the feasibility of fusion as a large-scale and carbon-free source of energy based on the same principle that powers our Sun and stars.” fonte: (ITER - the Way to New Energy, n.d.)
“La fissione è sostanzialmente una tecnologia che conosciamo, che padroneggiamo… La fusione è una prospettiva” (P. Martin).
I più ottimisti considerano 20 - 30 anni l’orizzonte per la disponibilità di impianti per fusione nucleare commerciale.
Il nucleare di quarta generazione deve essere inteso come una serie di progetti di reattori nucleari a fissione con i seguenti scopi: “utilizzo del carburante in modo più efficiente, ridurre la produzione di scorie, essere economicamente competitivo ed incontrare gli standard stringenti di sicurezza e resistenza alla proliferazione". (GIF Portal - Home - Generation IV Systems, n.d.)
In pratica, il nucleare di quarta generazione prevede i reattori di quarta generazione “classici” ed i reattori di quarta generazione advanced modular reactors, ovvero gli Small modular Reactors (SMR). Attualmente il nucleare di quarta generazione è in via sperimentale; sono stati installati solo alcuni reattori dimostrativi ed il progetto iniziale ne prevede la disponibilità per il commercio entro il 2030.
La vera rivoluzione che si sta affacciando nell’universo del nucleare” è di tipo “industriale” e a livello di “produzione” e commercializzazione. Infatti, gli Small Modular Reactor (SMR) - attualmente in “rampa di lancio” - presentano un “concept industriale” totalmente diverso rispetto ai reattori classici delle precedenti generazioni e degli stessi reattori di quarta generazione “classici”
Per comprendere meglio, facciamo un passo indietro. Oggi, una centrale nucleare viene progettata e quindi costruita in loco; nonostante il know-how di precedenti progetti, ogni nuova centrale nucleare è quindi un nuovo sistema complesso da costruire, con tutte le conseguenze legate alla messa in opera di un processo di costruzione particolarmente complesso e con altissimi standard. “Gli effetti di questa modalità di costruzione si sono visti anche nelle ultime centrali nucleari costruite in occidente, con tempi di consegna molto allungati e costi lievitati”. (Piero Martin)
“Costruire una centrale nucleare oggi è un po' come costruirsi l'automobile andando a comprare i pezzi dal ferramenta; l’idea degli SMR è di costruire oggetti che possono uscire come dal concessionario” (cit. Piero Martin)
In pratica gli SMR sono “reattori miniaturizzati” basati su tecnologia esistente ma di scala più piccola (circa un ordine di grandezza inferiore di potenza rispetto agli attuali). L’idea di questi reattori è di ”passare da un'economia di scala a un'economia di serie” in modo da rendere disponibili piccoli reattori (150-300 MW) finiti, sicuri, già collaudati e pronti all’uso. Questa serializzazione porterebbe notevoli vantaggi in termini di sicurezza e di costi, riducendo la difficoltà delle varie fasi del processo di costruzione della centrale nucleare e, quindi, riducendo anche i tempi di consegna.
“Possono contribuire al nostro percorso di decarbonizzazione per integrare le energie rinnovabili e fornire la produzione di energia di base per l’elettrificazione profonda, una fonte affidabile di calore per le industrie ed i distretti urbani, nonché per la produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio.” (Commission to Ally With Industry on Small Modular Reactors, 2024)
Attualmente, non sono ancora disponibili ma “ci sono molti sviluppi a livello aziendale con promesse di renderli disponibili per il prossimo decennio” (cit. Piero Martin). Gli SMR, quindi, potrebbero superare i limiti che, spesso, vengono menzionati contro la costruzione di nuove centrali.
“Mentre spetta agli Stati membri scegliere se includere l'energia nucleare nel loro mix energetico, la legislazione dell'UE è intesa a migliorare gli standard di sicurezza delle centrali nucleari ed a garantire che i rifiuti nucleari siano trattati e smaltiti in modo sicuro.” fonte: (Energia Nucleare | Note Tematiche Sull'Unione Europea | Parlamento Europeo, 2023)
A livello comunitario l’energia nucleare è stata inclusa nella tassonomia verde del Green Deal Europe (EU Taxonomy for Sustainable Activities - European Commission, n.d.). In pratica a livello Europeo il nucleare viene considerato un'attività economica che si allinea con la traiettoria del “Net Zero” fissata per il 2050.
In tale ottica, è interessante l’Alleanza Industriale Europeaper lo sviluppo degli SMR. Formatasi nel febbraio 2024, prevede di “rafforzare la catena di approvvigionamento nucleare in Europa sfruttando la sua capacità di produzione ed innovazione e rafforzando la cooperazione dell’UE” (Commission to Ally With Industry on Small Modular Reactors, 2024) al fine di “facilitare lo spiegamento dei primi reattori entro il prossimo decennio nei paesi che sceglieranno di farlo, nel pieno rispetto dei più elevati standard di sicurezza nucleare e sostenibilità ambientale” (Commission to Ally With Industry on Small Modular Reactors, 2024).
Con il referendum del 1987 l'Italia uscì dal programma nucleare. Tuttavia, è rimasto attivo il filone di ricerca sul nucleare, proseguendo la tradizione avviata da Fermi e sostenuta, negli anni, con lo sviluppo di molteplici poli universitari e centri di ricerca leader nella materia.
Nonostante l’allontanamento dall’utilizzo del nucleare “abbiamo per fortuna mantenuto delle ottime competenze sia a livello scientifico sia a livello tecnologico sia a livello industriale” in campo nucleare: abbiamo quindi un discreto “know-how”. Grazie a tali competenze potremmo essere “protagonisti di un grande discorso europeo, cioè di un accordo, di una strategia che metta insieme i paesi europei” con “tematiche quali: promuovere da subito la ricerca la tecnologia, l'industria, le filiere industriali nazionali, la conoscenza in tutti i settori nel campo nucleare.”
Già adesso, sono numerosi i progetti in cui l’Italia partecipa a più livelli e con alti gradi di engagement, finanziamento e ruolo nella supply-chain (vedi il sito ENEA).
L’Italia potrebbe giocare un ruolo importante anche sul “riconoscimento del nucleare quale aspetto fondamentale della transizione energetica”. Qualsiasi forma di energia rischia di subire forme di “partigianeria: rinnovabili contro nucleare, nucleare contro eolico, solare contro geotermico, etc. Il tema vero è quello dell'alleanza, cioè di lavorare insieme: il nostro paese può essere un grande protagonista”. L’Italia può quindi agire in ottica di integrazione delle varie forme di energia attuando il processo di transizione energetica in modo equilibrato. Per la conformazione del territorio e la peculiare distribuzione delle attività produttive la combinazione rinnovabili-nucleare potrebbe essere una ricetta da considerare per il sistema Italia (vedi il video “Energia Nucleare: un’opportunità per l’Italia” di Liberi Oltre capitolo Emilia-Romagna).
Sul piano pratico, tornare al nucleare significherebbe affrontare, tra gli altri, la questione della localizzazione delle centrali e delle scorie nucleari mediante la produzione di un “solido quadro legislativo” e la definizione di “un processo chiaro e trasparente per l’autorizzazione” (Minima Moralia, n.d.). Il tutto dovrebbe essere coadiuvato da una politica di comunicazione atta a ridurre i preconcetti sull’argomento attraverso “un’accurata ed innovativa campagna di informazione” (Minima Moralia, n.d.)
Nonostante l’abbandono del nucleare dopo il referendum dell’87, molte industrie italiane con core-business nucleare hanno mantenuto una posizione centrale in campo internazionale ed hanno partecipato a molti progetti di ricerca e sviluppo (Dodaro, n.d.).
Infatti, le imprese italiane sono protagoniste, per esempio, nella concezione di nuovi reattori modulari, ed alcune di esse sono realtà leader nel settore.
Un altro aspetto importante è che il nucleare potrebbe impattare in positivo sulla filiera industriale italiana, valorizzando le competenze ed eventualmente puntando alla reindustrializzazione in campo nucleare (Dodaro, n.d.).
Il ruolo della filiera italiana è già riconosciuto. Infatti, nel campo della fusione nucleare la nostra filiera di produzione si distingue per l’alta qualità dei prodotti intermedi. Ciò ha permesso all’Italia di partecipare con una quota di commissioni per ITER di circa il 50% del totale delle commissioni a livello europeo (per un totale di circa 1,5 miliardi).
“Le imprese italiane anche in partnership con la ricerca universitaria possono giocarsi una partita in questo nuovo scenario di rinnovata attenzione per il nucleare in Europa e nel mondo” (Pietro Marin).
Il nucleare ha permesso anche la nascita di diverse partnership pubblico-private come quella nei laboratori ENEA di Frascati dove si sta costruendo l'esperimento DTT (Dodaro, n.d.) che sarà uno dei più grandi esperimenti al mondo proprio perché sarà in grado di avvicinarci moltissimo al tema della fusione con un grande lavoro comune tra Enea - Eni - Università italiana ed enti di ricerca.
“Su tutti i settori, da quelli più accademici a quelli più realizzativi, l'Italia è in prima linea con grandissime realtà” ed “è un'occasione che non dovremmo perdere perché strategica” sia su “un grande tema come quello della transizione ma anche su un tema - a breve termine - di grandi ricadute economiche e di crescita del nostro paese”.
Il dibattito sulle questioni energetiche ha subìto un interessante incremento negli ultimi anni a seguito di importanti eventi internazionali che hanno determinato ricadute sulle forniture energetiche dei singoli paesi.
Le politiche comunitarie ed internazionali hanno inoltre posto come sfida la riduzione delle emissioni anche per la produzione di energia. In quanto fonte energetica a bassissime emissioni, il nucleare è un'opzione che ha pieno diritto di essere presa in considerazione all’interno dei progetti energetici futuri, come auspicato da varie posizioni internazionali. Il nucleare di nuova generazione è ancora in fase sperimentale, mentre sembrano all’orizzonte nuove tipologie di reattori molto più versatili. Pertanto, nel prossimo futuro potrebbero essere disponibili soluzioni innovative. L’industria italiana sta già svolgendo un ruolo primario in vari progetti; tale ruolo potrebbe incrementare nei prossimi anni.
E’ auspicabile un dibattito pubblico sull’argomento, basandosi su evidenze ed al fine di partecipare ad una discussione costruttiva scevra da preconcetti e finalizzata al vaglio di ogni opportunità per il raggiungimento degli obiettivi ambientali ed energetici.
Questo articolo si basa ampiamente sulla puntata “Nucleare, quale strategia per l’Italia” condotta da Carlo Stagnaro e con la partecipazione di Piero Martin, professore di fisica dei materiali all'Università di Padova ed autore di numerose pubblicazioni e libri (Storie di errori memorabili, Le sette misure del mondo). Il video è disponibile alla visione sul canale Liberi Oltre - STEM ed ha analizzato varie questioni relative al nucleare partendo da un interessante articolo scritto a quattro mani dagli autori e liberamente scaricabile dal sito della fondazione Minima Moralia.