Nel maggio 2018 furono inviati per la prima volta mercenari della Wagner per partecipare all'offensiva su Derna, ultima roccaforte delle milizie islamiste sulle coste dell'est. La compagnia privata di Evgenij Prigozhin, attiva in Ucraina dal 2014 e in Siria da fine 2015, sperimentò in Libia uno dei primi interventi sul continente africano, dove troverà grande successo offrendo senza vincoli servizi di consulenza, addestramento, scorta, logistica, combattimento, campagne mediatiche per influenzare le opinioni pubbliche. Sempre rimanendo a stretto contatto con le istituzioni russe, di cui è diventata il braccio operativo e la maschera per celare traffici illeciti, guerre ibride, il controllo di basi e risorse naturali.
Il massiccio impiego della Wagner in Libia è iniziato un anno più tardi, quando le milizie di Haftar (da lui proclamate Esercito Nazionale di Liberazione Libico, in sigla inglese LNA) sono avanzate fino alle porte di Tripoli, con 2000 mercenari di Prigozhin impegnati con particolare efficacia nei combattimenti. A seguito dell'intervento turco, tra il 2020 e 2021 la compagnia è stata impiegata per costruire una lunga linea difensiva con trincee e fortificazioni che divide in due il paese andando da Sirte alla grande base aerea di Al-Jufra, la più importante tra quelle che la Russia controlla in Libia. Questa conclamata divisione in Tripolitania e Cirenaica è rimasta indisputata e sembra oggi mettere d’accordo tutte le principali potenze coinvolte nel paese nordafricano, a partire da Turchia, Russia ed Egitto, che ha stabilito nel golfo della Sirte la linea rossa che le forze del GNU non devono superare.
Una scissione caldeggiata già nel 2016 dell’ex AD di ENI Paolo Scaroni, che giudicava il ritorno a uno stato unitario un sogno impossibile e auspicava l’unica stabilizzazione realistica. Ma la riunificazione effettiva della Libia resta ancora in cima all’agenda italiana, mentre il debole appoggio degli alleati e gli interessi troppo importanti che rimangono su tutto il territorio ci impongono il dialogo e la distensione con entrambe le parti. Sempre consapevoli che i giacimenti libici (vicini, ricchi di petrolio economico da estrarre e da processare data la straordinaria qualità) che l’ENI ha acquisito in decenni di politica raffinatissima possono essere sequestrati in qualsiasi momento su ordine di Haftar o di Putin, altra minaccia poco indagata in grado di condizionare le scelte italiane di politica estera su tutti i quadranti. Haftar ha già più volte usato il petrolio come arma politica bloccando i giacimenti della mezzaluna petrolifera, così come Erdogan e Saied stanno già facendo in Turchia e Tunisia con i migranti, al momento solo per ottenere denaro.
Nel corso degli ultimi mesi la compagnia Wagner è stata sostituita nelle sue attività africane dai nuovi Africa Corps (o Legione Africana), creati a seguito di colloqui iniziati a fine 2023 con gli alleati cirenaici e posti sotto un controllo più stretto del ministero della Difesa. Opereranno soprattutto nel Sahel e in alcuni paesi dell'Africa subsahariana, ma avranno quartier generale in Libia, paese della collocazione strategica sul Mediterraneo, perfetto cardine logistico per le ambizioni africane della Russia di Putin.
Una nuova base russa nel Mediterraneo
Lo scorso 31 maggio il viceministro della Difesa russo Yunus-bek Yevkurov è atterrato a Bengasi per la quinta visita ufficiale in solo un anno. I dialoghi sulla possibilità di ampliare le basi libiche per sostenere le attività degli Africa Corps e di creare a Tobruch una nuova base navale russa nel Mediterraneo si fanno sempre più frequenti e scoperti.
Il 16 aprile un convoglio militare russo salpato dalla base navale di Tartus in Siria è attraccato a Tobruch per sbarcare almeno 6000 tonnellate di armamento pesante, poi scortato verso le basi nell’entroterra libico. Si tratta solo dell’ultima delle spedizioni con cui la Russia in pochi mesi ha trasferito in Africa tramite la Cirenaica migliaia di militari, centinaia di forze speciali spetsnaz e sistemi d’arma di ogni genere, senza alcun intervento o denuncia da parte dell’operazione europea IRINI, istituita per far rispettare l’embargo sulle armi dirette in Libia.