La verità sulla dieta mediterranea

La dieta mediterranea, nonostante sia spesso associata alle tradizioni culinarie dei Paesi del Sud Europa, è in realtà il frutto degli studi di un fisiologo americano, Ancel Keys. Nonostante ciò, questo regime alimentare è esaltato da alcuni come simbolo di identità nazionale. Risulta al contempo bersaglio di numerose fake news nel campo della nutrizione. In questo articolo, esploreremo le origini della dieta mediterranea e chiariremo i processi biochimici che ne fanno uno dei modelli alimentari più consigliati, sfatando falsi miti e interpretazioni errate che spesso la circondano.

Fonte: FreePik

L’origine della dieta mediterranea

Negli ultimi anni diversi esponenti politici hanno fatto propria la difesa della dieta mediterranea, che risulterebbe, secondo la loro narrazione, sotto attacco dall’Unione Europea e dalle multinazionali, facendo passare il messaggio che da sempre in Italia si è seguito un modello alimentare salutare a base di prodotti tipici da proteggere.

Tuttavia, gli Italiani non hanno mai seguito la dieta mediterranea (1).

La dieta mediterranea prevede (2):

  • Un consumo significativo di prodotti cerealicoli
  • Largo consumo di prodotti ortofrutticoli 
  • Un consumo moderato di legumi e pesce
  • Un ridotto consumo di carni e formaggi ( da evitare carni rosse, insaccati e formaggi grassi)
  • Un ridotto consumo di grassi, prevalentemente insaturi 

Il concetto di Dieta Mediterranea è stato tuttavia coniato dal biologo ed epidemiologo statunitense Ancel Keys insieme a sua moglie Margaret Keys e riportato nel loro libro “How to Eat Well and Stay Well the Mediterranean Way” (3). I due cercavano di indagare sulle ragioni del perché una popolazione con una nutrizione abbondante come quella degli Stati Uniti, soffrisse di più le patologie cardiovascolari rispetto a quelle malnutrite.

Osservando le popolazioni mediterranee trovò una correlazione positiva tra un ridotto consumo di grassi saturi e la riduzione del rischio nell’insorgenza di tali patologie (4)  

Da qui è stato creato un modello, quello della dieta mediterranea, che ha oltretutto subito  delle modifiche nel corso del tempo.

La dieta mediterranea, secondo la definizione riconosciuta dall'UNESCO (5), non rappresenta semplicemente un modello alimentare legato a una specifica nazione, ma un patrimonio culturale immateriale di valore universale. Tale visione olistica include pratiche alimentari, sociali e ambientali che trascendono confini geografici e nazionali, promuovendo uno stile di vita sostenibile e condiviso. Questa prospettiva è ulteriormente corroborata dalla Società Cardiologica Americana (American Heart Association) (6), che descrive la dieta mediterranea come un regime alimentare benefico per il cuore, enfatizzando la sua ricchezza in alimenti di origine vegetale, grassi sani e la riduzione di prodotti processati.


I Modelli di Dieta Mediterranea 
Nel corso del tempo sono stati creati diversi modelli, alcuni basati sulle porzioni (7), altri sulla piramide alimentare (anch’essa in continuo aggiornamento).

Nel 2011 è stata proposta una piramide ampiamente accettata (8)  che prevede la presenza alla base frutta e verdura, olio di oliva, pane e pasta ad ogni pasto; olive, noci, semi e formaggi a basso contenuto di grassi ogni giorno; carne bianca, pesce, legumi, uova, patata, carne rossa una volta a settimana.

Parlare di una sola dieta mediterranea sembra dunque riduttivo. Al di là di questo, immaginarsi la dieta mediterranea come una riproduzione fedele delle abitudini alimentari seguite in un passato mitico lungo il Mediterraneo è sbagliato.

La dieta mediterranea come la conosciamo oggi non rappresentava la realtà alimentare dell’Italia negli anni Cinquanta, e ciò è vero anche oggi. Gli studi condotti dai coniugi Keys non miravano a definire una cucina specifica, ma piuttosto a fornire indicazioni dietetiche per migliorare la salute generale (4)  

Le ricerche antropologiche mostrano infatti che, fino agli anni Cinquanta, la dieta delle popolazioni del Sud Italia era basata principalmente su pane di mais, patate, pomodori, peperoni e legumi, con il grasso di maiale come principale condimento. L'olio d'oliva, il grano e il vino, simboli della cosiddetta “trinità mediterranea”, erano in realtà privilegio delle classi più agiate, mentre per la maggior parte della popolazione contadina, il grasso animale e le erbe poco condite erano la norma. Persino la pasta, oggi un pilastro della dieta italiana, era considerata un lusso (1).  

Seguire la dieta mediterranea nella sua essenza vorrebbe dire essere malnutriti. I vantaggi rispetto a diverse malattie quali infarti, ictus, tumori, Alzheimer, era dovuto a una restrizione calorica che tuttavia risulta eccessiva, esponendo quindi ai rischi legati alla malnutrizione.

I MODELLI di dieta mediterranea (2) stilati dalle linee guida invece cercano di mantenerne i pregi  evitando però la malnutrizione. 

 

Il modello alimentare Italiano oggi

Partiamo da un assunto: neanche ora gli italiani seguono il modello di dieta mediterranea.

Consumo medio giornaliero (g/die) dei gruppi alimentari per classi di età, CREA, fonte

Il rapporto IV SCAI sui consumi alimentari italiani mette in luce diverse discrepanze rispetto ai suggerimenti della dieta mediterranea (9) e alle linee guida del CREA (2) . Gli italiani consumano quotidianamente circa 239g di cereali e derivati, ma quasi la metà di questi (119g) è rappresentata da prodotti trasformati come biscotti, dolci e snack. Questo eccesso di zuccheri è problematico, dato che solo l'8% dei prodotti a base di cereali è integrale, quando invece sarebbe opportuno privilegiare alimenti ricchi di fibre.

 

Il consumo di latte e derivati coinvolge il 98% della popolazione, ma i 45g di formaggi consumati ogni giorno sono ben oltre i limiti raccomandati. In contrasto, l'assunzione di verdure e frutta, pur essendo diffusa, è insufficiente: gli italiani consumano in media 147g di verdure e 194g di frutta, molto al di sotto dei 400-450g suggeriti per ciascuno. Anche il consumo di carne è eccessivo: si raggiungono 124g di carne al giorno, pari a 868g settimanali, di cui una parte significativa proviene da salumi e carni trasformate. Questo supera di gran lunga il limite di 300g settimanali raccomandato, rendendo evidente uno squilibrio nella dieta quotidiana.

 

Un dato particolarmente preoccupante è l'esiguo consumo di legumi: solo il 31% della popolazione ne consuma, con una media di appena 9g al giorno, ben al di sotto delle porzioni raccomandate di 150g. A livello di bilancio energetico e nutrizionale, gli italiani assumono in media 1993 kcal al giorno, ma la distribuzione dei macronutrienti non è in linea con le indicazioni. Solo il 42% dell'energia proviene dai carboidrati, di cui una parte rilevante è rappresentata da zuccheri semplici (18%), mentre il consumo di grassi (34%) e grassi saturi (12%) supera i limiti consigliati (3).

 

L’assunzione di fibre, con 17g al giorno, è inferiore ai 30g raccomandati, riflettendo un consumo insufficiente di cereali integrali, frutta, verdura e legumi. Infine, il problema del sovrappeso e dell'obesità è significativo, con il 41% degli adulti e il 67% degli anziani affetti da queste condizioni. Questo evidenzia l'urgenza di un miglioramento delle abitudini alimentari italiane, ancora lontani dai principi della dieta mediterranea, che promuove il consumo di alimenti più sani, un maggiore equilibrio tra proteine animali e vegetali, e una riduzione di zuccheri e grassi saturi.

 

Le pericolose Fake News attorno all’alimentazione

A causa di situazioni di obesità sempre più diffuse(10) e di una mal interpretazione di cosa sia la dieta mediterranea (che al contrario di quello che vuol far passare la politica non incoraggia in nessun modo il consumo di prodotti IG, specie se inscatti), si è lasciato spazio alla diffusione di modelli alimentari alternativi. Le diete più famose e seguite negli ultimi anni si basano spesso su diverse strategie di manipolazione dei macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) per ottenere una riduzione del peso corporeo e migliorare la composizione corporea. Tuttavia, queste diete funzionano principalmente grazie al deficit calorico che creano, e non per le presunte proprietà uniche o “miracolose” legate alla riduzione o all’aumento di specifici macronutrienti. 

Diete Low Carb

Le diete low carb riducono l’assunzione di carboidrati (11), in genere a meno del 30% (fonte: Project Diet) delle calorie totali, con un aumento relativo di grassi e proteine. L’idea alla base è che la riduzione dei carboidrati costringa il corpo a utilizzare più grassi come fonte di energia, portando alla perdita di peso.

Uno dei problemi principali di queste diete riguarda la regolazione della leptina, un ormone che regola il senso di sazietà e la gestione del grasso corporeo. Le diete povere di carboidrati riducono la produzione di leptina (12), il che può portare a una sensazione di fame persistente e, col tempo, a un “rallentamento del metabolismo”. I carboidrati sono fondamentali per fornire energia immediata tramite la glicolisi, e la loro assenza obbliga il corpo a utilizzare altre vie metaboliche, come la beta-ossidazione dei grassi e la gluconeogenesi dalle proteine, con conseguente aumento della produzione di corpi chetonici, che a lungo andare può risultare stressante per reni e fegato.

Lisawerner9, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Una recente metanalisi condotta da Cochrane su 61 trials e 6925 pazienti ha evidenziato una piccola o nulla differenza di perdita di peso a breve e lungo termine della dieta a basso contenuto di carboidrati rispetto ad una dieta bilanciata (11) 


Dieta Chetogenica
La dieta chetogenica è una forma estrema di dieta low carb, dove i carboidrati sono ridotti a meno di 50g al giorno (13). In questa situazione, il corpo entra in chetosi, uno stato in cui utilizza corpi chetonici derivati dai grassi come fonte principale di energia.

La chetosi induce una situazione di stress metabolico, dato che il corpo preferisce utilizzare il glucosio come carburante principale, specialmente per organi come il cervello e i globuli rossi. Inoltre, la chetosi può causare squilibri elettrolitici, disidratazione e perdita di massa muscolare, poiché una parte delle proteine viene catabolizzata per produrre glucosio (tramite la gluconeogenesi) per i tessuti che non possono usare i corpi chetonici. Sul lungo periodo, possono verificarsi effetti negativi sul sistema cardiovascolare, dato l'alto apporto di grassi saturi (14).


Dieta Paleo
La dieta paleo si basa sull’idea di mangiare come (in teoria) i nostri antenati paleolitici, con un focus su carne, pesce, frutta, verdura e noci, e l’esclusione di cibi processati, cereali, latticini e legumi. L’idea è che questi alimenti non facessero parte della dieta dell'uomo pre-agricolo e, quindi, non siano ottimali per la nostra salute.

Questa dieta può risultare carente di alcuni nutrienti essenziali come il calcio (derivato dai latticini) e le fibre (molto presenti nei cereali e nei legumi). Escludere interi gruppi alimentari può portare a squilibri nutrizionali. Tuttavia le ricerche sulla dieta paleo sono ancora limitate (15).


Diete Low Fat
Le diete low fat riducono l’assunzione di grassi, spesso limitando i grassi al 20%  o meno dell’apporto calorico totale . L'idea è che ridurre i grassi aiuti a ridurre l'apporto calorico, dato che i grassi forniscono più del doppio delle calorie per grammo rispetto ai carboidrati e alle proteine.

I grassi sono essenziali per diverse funzioni vitali, inclusa la produzione di ormoni (come quelli sessuali), la protezione delle membrane cellulari e l'assorbimento di vitamine liposolubili (A, D, E, K). A livello energetico, i grassi vengono utilizzati attraverso la beta-ossidazione per entrare nel ciclo di Krebs come acetil-CoA, e rappresentano una fonte concentrata e duratura di energia. Escludere o limitare eccessivamente i grassi può comportare deficit ormonali, debolezza fisica e ridotta capacità di recupero muscolare (17).


Dieta Mima Digiuno
La dieta mima digiuno si basa sul ridurre drasticamente l'apporto calorico per brevi periodi di tempo (circa 5 giorni), cercando di imitare gli effetti del digiuno completo, ma permettendo comunque un apporto minimo di nutrienti. L’obiettivo è stimolare processi di rigenerazione cellulare e migliorare la salute metabolica.

Durante la restrizione calorica estrema, il corpo entra in una modalità di conservazione energetica che rallenta il metabolismo e promuove la perdita di tessuto magro. Biochimicamente, la riduzione drastica dei nutrienti porta il corpo a entrare in modalità di sopravvivenza, limitando la disponibilità di glucosio per il ciclo di Krebs, con conseguente rallentamento del metabolismo e diminuzione delle prestazioni fisiche e cognitive.


Dieta a Zona
La dieta a zona si basa su un bilancio preciso di macronutrienti, con il 40% delle calorie dai carboidrati, il 30% dalle proteine e il 30% dai grassi, allo scopo di mantenere un equilibrio ormonale ottimale, specialmente per l'insulina.

Sebbene questa dieta sia più equilibrata rispetto ad altre, il suo schema rigido può risultare difficile da seguire nel lungo periodo. Non ci sono evidenze che un rapporto specifico di macronutrienti come quello proposto offra vantaggi unici rispetto ad altri approcci diversi a parità di deficit calorico (16).


Il ruolo del ciclo di Krebs e il deficit calorico

Tutti i macronutrienti, inclusi i carboidrati, le proteine e i grassi, entrano nel ciclo di Krebs per produrre energia sotto forma di ATP (adenosina trifosfato, la moneta di scambio energetico dei sistemi viventi), rendendo ogni demonizzazione di un singolo macronutriente non fondata. La priorità dovrebbe essere un bilancio equilibrato che permetta al corpo di ottimizzare il proprio metabolismo.

Il ciclo di Krebs è il cuore del metabolismo energetico umano. Sia i carboidrati si le proteine sia i grassi vengono convertiti in acetil-CoA, la molecola che alimenta il ciclo di Krebs per produrre ATP. Indipendentemente dalla dieta seguita, tutti e tre i macronutrienti possono entrare in questo ciclo, contribuendo alla produzione di energia. Di conseguenza, la perdita di peso non dipende dalla presenza o meno di uno dei macronutrienti, ma dalla creazione di un deficit calorico. Quando si ingeriscono meno calorie di quelle che il corpo consuma, indipendentemente dalla provenienza delle calorie (carboidrati, grassi o proteine), il corpo brucia le riserve di grasso per produrre energia, portando alla perdita di peso.

Pertanto, il funzionamento di tutte queste diete si basa principalmente sul deficit calorico che creano, piuttosto che su presunte proprietà uniche di riduzione o eliminazione di specifici nutrienti.

Conclusioni

La dieta mediterranea sicuramente non è esattamente un modello tradizionale tipico italiano. Purtroppo non risulta essere nemmeno il modello seguito al giorno d’oggi nonostante i comprovati e numerosi benefici che porta. Risulta fondamentale quindi una corretta educazione alimentare al fine di limitare regimi alimentari sbagliati o il diffondersi di regimi squilibrati. 

 

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