La Matrioska tedesca

Domenica 23 febbraio la Repubblica Federale Tedesca andrà al voto per eleggere i deputati al Bundestag e con essi il nuovo Cancelliere. Mai come adesso la vittoria scontata dei partiti cristiani CDU/CSU e del candidato Cancelliere Friedrich Merz non assicura automaticamente la governabilità di un paese che ha fatto della stabilità un mantra e che si trova davanti alla doppia minaccia, interna e esterna, più difficile dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Immagine generata con AI da V. Barbiero

L’unico esito certo che uscirà dalle elezioni politiche tedesche che si terranno il prossimo 23 febbraio, è che sarà Friedrich Merz, candidato dei due partiti dell’Unione (CDU/CSU), il nuovo Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca. Lo dicono i sondaggi, che vedono i due partiti cristiani fratelli alleati da sempre, i cristiano democratici guidati da Merz (la CDU) e i cristiano sociali (la CSU bavarese) attorno al 30%. Ma qui finiscono le certezze e iniziano gli interrogativi, inscatolati come matrioske, beffardamente russe. Sì, perché determinante per la stabilità e la futura governabilità della Germania sarà quale coalizione di governo avrà la maggioranza nel Bundestag (il Parlamento Federale) e da quanti partiti sarà formata. È su quest’ultimo punto che si gioca la vera partita che decide il futuro della Germania. Al Bundestag siedono attualmente sette forze politiche. Si va dall’estrema destra neonazista di AfD (Alternative für Deutschland), ai partiti di centro Unione (CDU/CSU) e FDP (partito liberale), alle sinistre moderate SPD (partito socialdemocratico del Cancelliere Olaf Scholz) e Bündnis 90/Die Grünen (verdi), arrivando all’estrema sinistra BSW e Die Linke. 

Nonostante lo sbarramento al 5%, che non consente a un partito che non superi questa soglia di entrare al Bundestag, il processo di frammentazione politica in Germania, seppur più lento rispetto agli altri Paesi europei, ha “condannato” il Paese all’immutabile grande coalizione tra CDU/CSU e SPD, “marchio di fabbrica” di 12 dei 16 anni complessivi dell’era Merkel (2005-2021). Già dal giro di boa dei quattro Governi Merkel in poi si era intuito che la stabilità del sistema si reggeva su uno schema fisso e rigido, la Große Koalition, la grande coalizione che non poteva durare in eterno e che soprattutto mostrava segni di stanchezza e di scarsa forza innovativa. Il post Merkel ha sancito il crollo del mito della “stabilità tedesca” nel momento in cui la coalizione semaforo a tre (socialdemocratici, verdi e liberali) guidata dal Cancelliere Scholz nel dicembre 2021 è implosa dopo poco più di tre anni a causa di un cocktail fatto di incapacità e di incompatibilità tra le tre forze politiche, litigiose e divise su quasi tutto. Il risultato è stata la paralisi su temi cruciali come economia e, soprattutto, immigrazione, a cui è seguita l’inevitabile sfiducia a Scholz lo scorso dicembre, che ha aperto la via a elezioni anticipate con grande sollievo della maggioranza dell’opinione pubblica tedesca, che ha bollato il Cancellierato Scholz come il peggiore dal secondo dopoguerra a oggi. Con un Bundestag così frammentato, dove neanche la soglia di sbarramento del 5% ha arginato l’ingresso di partiti populisti di destra e di sinistra, formare un governo stabile, ovvero con non più di due partiti, è diventato un miraggio. Eccoci allora alle matrioske che aprono una dopo l’altra incognite e sfide per il prossimo Cancelliere. Esclusi a priori i partiti di estrema sinistra e all’estrema destra l’AfD, data dai sondaggi seconda forza politica al 20%, Merz potrà coalizzarsi potenzialmente solo con socialdemocratici, verdi e liberali. Ma il rebus non finisce qui. I liberali, dati al 4% dai sondaggi, rischiano di non entrare nel Parlamento Federale e quindi saranno probabilmente fuori dai giochi o, in caso contrario, comunque con ogni probabilità percentualmente troppo deboli per assicurare a Merz una coalizione a due. Coi verdi, Merz ha dichiarato di non voler coalizzare. Troppo distanti su temi quali immigrazione (tema caldissimo di queste elezioni), economia e transizione ecologica. È anche vero però che, se dalle urne uscisse un quadro estremamente frammentato, non si può escludere a priori l’ingresso anche dei verdi nel prossimo governo, senza i quali non ci sarebbero i numeri per una maggioranza. Tolti verdi e liberali resta l’opzione di una grande coalizione tra CDU/CSU e gli “eterni alleati” dell’era Merkel, ovvero i socialdemocratici, dati al 15% dai sondaggi. Ma queste sono ipotesi. A oggi, se i sondaggi venissero confermati dalle urne, Merz non avrebbe i numeri per formare un governo di coalizione a due forze (né con i socialdemocratici, né coi verdi dati al 13% e men che meno coi deboli liberali). Gli resterebbero due opzioni: una coalizione a tre (CDU/CSU con Spd, più o liberali o se proprio non ci fosse alternativa coi verdi) debole e a rischio ingovernabilità o un monocolore democristiano di minoranza, che di volta in volta cercherebbe voti al Bundestag, sotto il ricatto dell’AfD e gli aut aut di socialdemocratici e verdi. Entrambe le opzioni significherebbero sia per Merz che per la Germania instabilità, con il rischio di nuove elezioni anticipate. Merz si trova dunque nella paradossale condizione di sperare che i sondaggi sottostimino la percentuale del suo partito, nonché quella dei socialdemocratici, che dovrebbero uscire sì sconfitti ma non con una eccessiva batosta dalle urne; ovvero quel tanto che basterebbe a Merz per mettere in piedi una grande coalizione numericamente forte e stabile. Infine, a destabilizzare, e non poco, il quadro, oltre che la spina nel fianco dell’AfD con cui Merz non intavolerebbe alcuna trattativa, si aggiunge il pericoloso e instabile quadro internazionale. 

Conclusione

La matrioska tedesca si aprirà domenica 23 febbraio a partire dalle 18:01 e a quel punto vedremo quante altre ne conterrà. Merz, nella migliore delle ipotesi dovrà affrontare e risolvere una serie di questioni non proprio irrilevanti: la crisi economica, il caro energia, gli immigrati e il diritto d’asilo in un contesto internazionale da far tremare i polsi. Nella peggiore delle ipotesi dovrà governare con una coalizione debole con la spada di Damocle dell’estrema destra dell’AfD che dall’opposizione farà di tutto per gettare benzina sul fuoco, forte dell’appoggio diretto e indiretto di due pesi massimi del calibro di Trump e Putin. Per la Germania si prepara un futuro pieno di incognite. Per Merz una prova di forza e di responsabilità. Ne sarà all’altezza?

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