Cerchiamo di analizzare come tutto ciò è accaduto, e come ha fatto la Grecia a passare dall’essere un paese vicino al collasso a diventare un virtuoso esempio di ripresa economica.
Gli anni ‘80
La Grecia ha avuto un percorso tortuoso nel secondo dopoguerra. Il paese subì la Dittatura dei Colonnelli fino al 1974, anno in cui venne al potere Konstantinos Karamanlis, con il suo partito Nuova Democrazia. Considerato il padre del nuovo stato greco, trasformò il paese, dotandolo di una costituzione liberale nel 1975 e creando un sistema politico democratico. Grazie ad investimenti strategici e la costruzione di infrastrutture cercò di preparare il paese all'ingresso nella Comunità Economica Europea, che avvenne nel 1981. Questo fu un periodo di grande avanzamento e modernizzazione per la Grecia.
Le elezioni del 1981, però, porteranno al potere il Movimento Socialista Panellenico (PASOK) con il leader Andreas Papandreou come nuovo premier. Il partito, oltre che socialista può essere definito come populista: il suo governo fu caratterizzato da politiche clientelari, cioè dalla distribuzione di risorse dello stato ai cittadini per il solo scopo elettorale. Un esempio di questo è il numero di dipendenti pubblici, che aumentò vertiginosamente: nel 1979 era di 510.000 e nel 1990 aumento a 786.200, il tutto con una popolazione di 10 milioni di persone che restò praticamente invariata in questo periodo. Un aumento di più del 50% in un solo decennio. Anche le retribuzioni pubbliche aumentarono, diventando sensibilmente più alte di quelle del settore privato. Allo stesso tempo la spesa pensionistica aumentò, superando la media Ocse, e il debito pubblico andò dal 22,5% del 1979 al 73,2% del 1990. Questo primo periodo di amministrazione Papandreou, durato fino al 1989, fu disastroso per le finanze greche, portando il paese in una spirale di spese sconsiderate.
Inversioni di rotta fallite
Nel 1990, la serie di governi Papandreou si interruppe con una sconfitta elettorale che portò, Konstantinos Mitsotakis, di Nuova Democrazia al potere. Nel suo governo (1990-93) tentò di riportare la spesa pubblica sotto controllo per preparare la Grecia all’entrata nella nascente Unione Europea nel 1992. Queste politiche però, gli fruttarono grande impopolarità e lo portarono a perdere le elezioni nel 1993. Seguì quindi un altro governo Papandreou, che continuò con le solite politiche clientelari insostenibili. Nel 1996 problemi di salute lo costringeranno a dimettersi, e al suo posto arriverà al potere Kostas Simitis. A differenza di Papandreou, lui può essere definito come un tecnocrate moderato che cercherà di attuare politiche in contrasto al tipico clientelismo del PASOK.
Nel 2004 però verrà sconfitto da Kostas Karamanlis, di Nuova Democrazia, nipote del primo Karamanlis. Lui però, diversamente dal suo predecessore, utilizzerà tecniche clientelari per restare al potere, uniformandosi con il PASOK. Il risultato fu quindi un sistema politico altamente disfunzionale, caratterizzato dai due principali partiti che cercavano di sprecare più risorse possibili per guadagnare consensi e restare al potere. La Grecia infatti, violò sistematicamente le regole del patto europeo di stabilità, superando la soglia stabilita del 3%. Il debito quindi aumentò anche in questo periodo: il debito-pil restò sempre sopra la soglia del 100%.
La crisi Greca
La crisi del 2008, originata negli Stati uniti, mise la grecia in grande difficoltà. Dopo tutti questi anni di spese folli, il debito greco è diventato difficilmente sostenibile. Nel 2009, il governo del PASOK presieduto da Georgios Papandreou, figlio del primo Papandreou, creerà un deficit del 15,4%, più del doppio di quanto inizialmente annunciato. Si scoprì infatti che i governi precedenti falsificarono sistematicamente i dati delle finanze pubbliche greche, così da poter fare più debito. Alla luce di questo, nel 2010, la commissione europea annunciò di non avere più fiducia nei dati pubblicati dal governo greco. I mercati iniziarono a dubitare della capacità greche di finanziare il proprio debito e i titoli di stato greci vennero declassati al grado di “spazzatura” (junk status). Di conseguenza, i tassi di interesse salirono vertiginosamente e diventò sempre più difficile per il paese finanziare il proprio enorme debito.
Il paese arrivò vicino al default: tra il 2009 e il 2010 la Grecia perse il 29,5% del proprio pil reale, il debito passò dal 126,7% al 178,8%, mentre il tasso di disoccupazione dal 9.6% al 27.5%. Il paese si trovò ad attraversare una delle sue peggiori crisi.