Il sistema delle Nazioni Unite, nato per preservare la pace globale, si trova oggi ostaggio di un paradosso inquietante: la Federazione Russa, guidata da Vladimir Putin, un leader accusato di crimini di guerra, continua a esercitare un’influenza determinante all’interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Grazie al diritto di veto, Mosca è in grado di bloccare qualsiasi risoluzione volta a risolvere i conflitti, minando la cooperazione internazionale.
Immagina un mondo in cui chi ha commesso i peggiori crimini contro l’umanità può ancora influenzare le sorti della pace globale.
Sembra assurdo, eppure è la realtà con cui ci troviamo a convivere. Mentre i leader mondiali si sono riuniti a New York per la 79ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite, una domanda sorge spontanea: com’è possibile che un uomo come Vladimir Putin, sotto mandato di cattura internazionale, continui a esercitare un’influenza così decisiva nelle strutture di potere internazionali?
Putin, accusato di crimini di guerra dalla Corte Penale Internazionale, non è presente a New York. La sua assenza non sorprende, considerando che la sua libertà di movimento è limitata dal mandato di cattura internazionale. Eppure, la Federazione Russa continua a mantenere un potere chiave all’interno delle Nazioni Unite, un potere che paralizza ogni tentativo di intervento per risolvere conflitti e promuovere la pace.
Il mandato di cattura internazionale rende Putin ufficialmente un criminale di guerra, eppure la Federazione Russa si oppone a questa definizione e rifiuta ogni cooperazione con la Corte Penale Internazionale. Mentre il mondo attende giustizia, Putin, tramite il suo ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, continua a influenzare le decisioni delle Nazioni Unite da lontano.
Questo paradosso solleva una questione morale e pratica: come possiamo parlare di giustizia internazionale quando un capo di Stato, che pretende di essere un leader globale, accusato di crimini gravissimi, può continuare a bloccare gli sforzi per la pace?
Il seggio della Federazione Russa al Consiglio di Sicurezza: un’eredità ingannevole
Il seggio della Federazione Russa al Consiglio di Sicurezza, con il diritto di veto, affonda le sue radici in un’eredità storica poco chiara. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, la Federazione Russa ha ereditato il seggio dell’URSS senza un processo formale, senza discussioni e senza un voto internazionale. Mentre altri membri permanenti hanno ottenuto i loro posti attraverso trattati e accordi chiari, la Federazione Russa si è semplicemente autoproclamata erede, nel silenzio globale dovuto alla confusione e alle trasformazioni geopolitiche, di una posizione di privilegio che era spettata alle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale.
Com’è possibile che un seggio ottenuto senza un vero processo democratico possa avere il potere di fermare ogni tentativo di cooperazione globale? Questa domanda rimane centrale, mentre vediamo come la Federazione Russa utilizzi il suo potere per proteggere i propri interessi, anche quando questi interessi contravvengono alla pace internazionale.
Il potere del veto: un’arma per bloccare la pace
Il Consiglio di Sicurezza è stato creato con l’intento di preservare la pace globale.
Tuttavia, con il potere di veto, la Federazione Russa può bloccare ogni risoluzione che cerchi di porre fine alle sue aggressioni o a quelle dei suoi alleati. Questa arma diplomatica, usata dal Cremlino, impedisce alle Nazioni Unite di agire, rendendole inefficaci di fronte a conflitti che richiederebbero un intervento internazionale urgente.
Ed è qui che la struttura stessa delle Nazioni Unite diventa un problema. Anche se l’Assemblea Generale può discutere, condannare e proporre risoluzioni per affrontare i conflitti, ogni intervento concreto deve passare per il Consiglio di Sicurezza. Questo organo è l’unico che può approvare misure vincolanti, compresi gli interventi militari e le sanzioni più severe.
Ma quando un singolo membro permanente, come la Federazione Russa, esercita il suo diritto di veto, anche le azioni più urgenti per la pace vengono paralizzate.
Come può un sistema costruito per mantenere la pace funzionare se le sue decisioni più critiche vengono costantemente bloccate?
Ogni giorno che passa, migliaia di vite vengono spezzate, ma ogni tentativo di porre fine a questi conflitti viene bloccato da un solo veto. Per quanto tempo il mondo potrà accettare che un solo Stato decida il destino di milioni di persone?
Il “Patto per il Futuro”: un tentativo di riforma
Alla 79ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stato adottato il “Patto per il Futuro”, un documento che si propone di rafforzare il multilateralismo e modernizzare le istituzioni internazionali. Questo patto rappresenta una speranza per un futuro di cooperazione più inclusiva, un tentativo di riformare quelle stesse strutture che oggi sembrano paralizzate dal potere del Cremlino.
Il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha descritto il patto come “un passo avanti verso un multilateralismo più efficace, inclusivo e interconnesso, un’opportunità unica per cambiare il corso della storia umana”.
Tuttavia, anche se adottato per consenso, la Federazione Russa ha manifestato la sua opposizione a diverse parti del documento. Mosca ha cercato di introdurre emendamenti per limitare la capacità dell’ONU di intervenire negli “affari interni” degli Stati. Ma la maggioranza dell’Assemblea Generale ha respinto questa proposta.
La Federazione Russa è stata sostenuta dai regimi di Bielorussia, Iran, Corea del Nord, Nicaragua e Siria, noti per soffocare la libertà dei propri cittadini e per creare un sistema di disdegno nei confronti dei crimini e delle richieste ingiuste. Come può un’alleanza tra regimi oppressivi plasmare il futuro della pace internazionale?
Il multilateralismo: una speranza reale o un’illusione?
Il multilateralismo, l’idea che le nazioni possano unirsi per affrontare insieme le sfide globali, è stato al centro del “Patto per il Futuro”. In teoria, dovrebbe essere la strada per garantire pace e sicurezza, ma nella pratica, quando il potere di veto di un solo paese – la Federazione Russa – può bloccare ogni sforzo collettivo, il multilateralismo rischia di diventare un’illusione. Come possiamo sperare di risolvere i conflitti globali se il sistema stesso è costruito per essere bloccato da chi ha più interesse a perpetuare quei conflitti?
Mentre i leader mondiali discutono e firmano i documenti che disegneranno il nostro futuro, le conseguenze di queste decisioni arrivano fino a noi, nella nostra quotidianità. Le guerre, le crisi economiche e i cambiamenti climatici influenzano la nostra vita più di quanto possiamo immaginare.
Ma quanto realmente comprendiamo dell’impatto che queste decisioni hanno sul nostro futuro?
E, soprattutto, come possiamo, come cittadini del mondo, rompere questa catena di inerzia internazionale?
Forse la vera domanda è: per quanto tempo ancora permetteremo che criminali come Putin continuino a detenere il potere su decisioni che riguardano il destino dell’intero pianeta?
Le risposte a queste domande dipendono da noi e da quanto saremo disposti a chiedere un cambiamento reale, non solo nelle stanze dei palazzi di vetro delle Nazioni Unite, ma anche nelle nostre comunità, nelle nostre nazioni e nelle nostre vite quotidiane.