Il "Made in Italy" è un concetto che abbiamo sentito così tante che ormai diamo per assodato; ma cosa significa veramente oggi?
Il "Made in Italy" è associato a diverse credenze popolari che riguardano la qualità dei prodotti italiani. Questo concetto si estende anche alla cucina tradizionale italiana, che è ampiamente apprezzata in tutto il mondo. Credenza comune sui prodotti italiani e che siano di una qualità superiore in quanto artigianali e lontani dalle logiche produttive intensive.
Tuttavia non c’è alcun motivo per pensare che un prodotto sia migliore di un altro solo perché il processo produttivo avviene in una determinata zona, o perché i processi produttivi sono legati a una tradizione che risulta però antiquata, anche al fronte dell'evidenza che i prodotti industriali siano assolutamente sicuri e salubri.
Analizzeremo più avanti inoltre come di fatto in molti prodotti tipici, ci sia in realtà molto poco di italiano, e che made in italy sia solo una parola usata da associazioni e politicanti per raccontare al popolo una sorta di falso protezionismo dei prodotti alimentari italiani, e per sottintendere una presunta superiorità di quest’ultimi.
Coldiretti ha recentemente affermato che l’agricoltura italiana pesa il 30% sul PIL, una favoletta portata avanti dalla stessa associazione e da buona parte della politica italiana, la realtà dei fatti è ben diversa però, I Calcoli istat indicano che la quota del settore agroalimentare sul PIL è del 3,8% circa 70 miliardi di euro nel 2022.
La discrepanza deriva da una definizione generosa di coldiretti che include ristoranti e vendite al dettaglio nel settore agroalimentare va detto però che anche la Crea (consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell'economia agraria) riporta che andando a considerare l’intero sistema agroalimentare dalla produzione primaria al commercio al dettaglio l’incidenza è del 15%, la metà di quanto riportato da coldiretti. Se andiamo meglio ad analizzare i prodotti di punta dell' agricoltura Italiana troviamo come capolista il vino che ci garantisce 8.5 miliardi di euro dalla esportazioni, al secondo posto troviamo invece la pasta che garantisce 3,6 miliardi di euro dall' esportazione, tuttavia la nota dolente di questo dato è che di made in Italy la pasta ha ben poco visto che importiamo quasi tutto il grano da fuori per un valore pari a 2.25 miliardi di euro principalmente dal Canada (15.6%) Francia (13.6%) e Ungheria a(13.8%)
Le varie sigle che troviamo nelle confezioni dei prodotti vanno a normare o descrivere un prodotto alimentare (andando anche a giustificare solitamente un prezzo maggiorato)) andiamo a vederle brevemente in ordine di importanza e rigorosità
Marchi di tutela rilasciati dall’unione Europea
Altri Marchi di tutela
Come anticipato prima, molti prodotti made in italy famosi nel mondo in realtà hanno molto poco di italiano sia nei processi produttivi, sia nella loro origine, andiamo ad analizzare alcuni:
IL POMODORO DI PACHINO MADE IN ISRAELE
Il pomodoro di Pachino IGP è uno dei pochi alimenti di cui possiamo identificare luogo e data di nascita, ovvero Israele 1989, presso aziende specializzate nel settore delle ricerche genetiche in campo agricolo. Il pomodoro non è OGM, ma MAS (marker-assisted selection), in cui non viene modificato geneticamente; al contrario, si effettuano incroci e ibridazioni per creare specifiche caratteristiche fisiche, di gusto, resistenza o capacità di crescita. Il problema è che i semi provenienti dai frutti coltivati non sono in grado di mantenere le caratteristiche originali, e ogni anno i produttori devono acquistare nuovi semi. Questo assicura che i pomodori mantengano le loro qualità distintive tutto l'anno.
IL PARMIGIANO SI FA NEL WINSCONSIN
Nel 1938 fu costituito il primo consorzio che protegge la qualità del formaggio. Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo, molte persone emigrarono in America e portarono con sé le conoscenze, così che negli anni '30 nacquero in Wisconsin diversi caseifici i cui proprietari avevano nomi padani e misero sul mercato il formaggio Parmesan per ricordare la propria terra. Quindi, il parmigiano e il Parmesan sono uguali a livello della preparazione, cambiano solo le materie prime. Un'efficace politica di marketing, che esaltava la natura, la tradizione, i valori nutrizionali e il gusto, resero in poco tempo il Parmigiano e il Grana i due prodotti tipici italiani di maggiore successo nel mondo.
L’OLIO DI OLIVA MEDITARRANEO
L'olio ha origini palestinesi, ma è in Spagna che ha raggiunto la sua massima diffusione. Fin dall'antichità, l'olio si è distinto sia per la varietà di ulivo che fornisce il frutto da spremere, sia per l'oliva al momento della raccolta e della spremitura. I Romani furono grandi studiosi e consumatori dell'olio. Il progressivo miglioramento dei trasporti, delle tecniche di imbottigliamento e di conservazione dell'olio ha permesso all'alimento di diffondersi sempre di più, ma sottolineiamo che l'olio prodotto direttamente in Italia rappresenta una percentuale limitata rispetto alle aziende mediterranee del settore. Era consuetudine fare una miscela di oli per ottenere un prodotto standardizzato adatto a tutti.
Tra il secondo dopoguerra e gli anni Ottanta, i piccoli fornitori lavoravano l'olio con tecniche poco affidabili e le industrie, dopo averlo acquistato da loro, lo correggevano chimicamente. Alla fine degli anni Ottanta, la politica agricola europea cambiò e per chi produce l'olio d'oliva erano previste agevolazioni che consentivano di mantenere prezzi bassi sul mercato. Con il calo dei sussidi si rischiò di far sparire il settore dell'olivicoltura, importantissimo soprattutto nel Centro-Sud. Per evitare ciò, le denominazioni e i marchi di tutela cercarono di salvare i prodotti legandoli ai territori di origine, da cui nacque il Made in Italy. La qualità dell'olio deriva però direttamente dalle competenze e dall'impegno del produttore.
LA PASTA DI GRANO ITALIANO E’ SCADENTE
Il grano duro Senatore Cappelli, ideato da Nazareno Strampelli, è stato ampiamente impiegato per la produzione della pasta. L'obiettivo di Strampelli era migliorare la produttività delle varietà di grano tenero, dando vita al grano Ardito, che ebbe un ruolo significativo nella battaglia del grano del '25(fu una campagna lanciata durante il regime fascista da Benito Mussolini, allo scopo di perseguire l'autosufficienza produttiva di frumento dell'Italia. La campagna ebbe successo nell'ottenere l'aumento della produzione nazionale di grano e nella conseguente diminuzione del disavanzo della bilancia commerciale, ma andò a scapito di altre colture, specialmente di quelle basilari per l'industria zootecnica e, in genere, dell'armonico sviluppo dell'agricoltura nazionale). Il Senatore Cappelli deriva da incroci di varietà provenienti principalmente dalla Tunisia.Dopo la morte di Strampelli e la fine della Seconda Guerra Mondiale, le radiazioni furono utilizzate per modificare geneticamente le varietà di grano, dando vita al celebre grano Creso. Quindi attualmente, il grano duro utilizzato per la pasta è frutto della manipolazione genetica e deriva da un grano africano. Nel corso degli ultimi 30 anni, i pastifici italiani hanno guadagnato fama internazionale per la qualità dei loro prodotti, basata proprio su questi grani.
Negli ultimi anni, i prodotti tipici hanno avuto un ruolo importante nel dibattito sulle politiche agricole sia all’interno dell’UE sia in Italia, con le sue storiche debolezze nel settore agricolo. Il concetto di tipicità richiama il territorio e la tradizione, e in sé deve avere un carattere mitologico che deve essere costruito ed è qui che interviene il marketing (è lui che costruisce la storia). Ricordiamo però che la tradizione è frutto di un'invenzione più o meno recente. Il territorio e la tradizione sono elementi che identificano la produzione, in termini economici l’offerta, ma ciò è sbagliato perché il prodotto agroalimentare tipico dovrebbe essere riconosciuto attraverso coloro che lo consumano, cioè la domanda.
Chi produce e come non è rilevante, mentre chi lo consuma e da quanto tempo è importante. Un altro elemento della tipicità è il tempo del prodotto stesso, ovvero quanto il prodotto è rimasto stabile nel tempo; tanto più possiamo considerarlo tipico. Molti prodotti hanno subito delle trasformazioni nel corso del tempo, quindi considerando il tempo del prodotto, i prodotti tipici italiani sono quelli che consideriamo industriali.
Non ci si può esprimere se i prodotti industriali sono buoni o meno perché sono opinioni personali, mentre per quanto riguarda l’autenticità non ci sono dubbi.
La continuità familiare nella gestione, la trasmissione dei valori industriali e la cura per la qualità del prodotto sono maggiormente garantite dall’industria rispetto alla produzione artigianale, come, ad esempio, la Nutella messa sul mercato nel 1964. Essa è diventata simbolo di modernità e ricchezza in un'Italia che voleva lasciarsi alle spalle anni di fame e sofferenza. Il messaggio trasmesso era di un paese moderno e industriale, ma che sapeva comunque inventare e realizzare prodotti con cura artigianale.
Quindi, il mito gastronomico dell’Italia deve molto all’industria alimentare soprattutto negli anni del boom economico, quando il Paese voleva proiettare all’esterno un’immagine di modernità e capacità di innovazione, cosa che riuscì a trasmettere l'industria agroalimentare. Ora l’industria cerca di costruire un’immagine fittizia di tradizione e artigianalità. Alcuni esempi: Il Motta e la Coppa del Nonno divennero i due gelati che identificavano il mito del gelato italiano nel mondo e grazie al loro packaging così originale che fu impossibile imitarli. L’espansione delle gelaterie tradizionali deve soprattutto al successo dei gelati confezionati tra gli anni Cinquanta e Sessanta. I Baci Perugina sono un prodotto di grande successo fin dagli anni Trenta. L'unico legame della città con il cioccolato era la fabbrica della famiglia Buitoni che creò le condizioni per la nascita di altre imprese nel settore. A Perugia si tengono molte fiere e festival internazionali del cioccolato, ma è l’industria che ha creato questa immagine della città, non l’artigianato.
La capacità di innovare e proiettare un'immagine di modernità è stata quindi fondamentale per la crescita e la diffusione internazionale dei prodotti italiani. Tuttavia, è importante riconoscere che l'industria attuale cerca spesso di costruire un'immagine fittizia di tradizione e artigianalità, portando a gastronazionalismo, condito da false informazioni che pompano agli occhi degli ignari, il ruolo del nostro settore agroalimentare in italia e nel mondo mentre il tessuto produttivo italiano, dominato da piccole e medie imprese, che hanno difficoltà significative nell’ abbracciare l'innovazione in modo più ampio.