Da mercoledì 16 ottobre, la gestazione per altri è diventata “reato universale” in Italia. La proposta di legge, avanzata da Fratelli d’Italia, è stata approvata definitivamente al Senato con 84 voti favorevoli e 58 contrari. Sebbene l’approvazione fosse attesa, dato il compatto volere della maggioranza di governo, il tempismo della decisione ha sollevato ulteriori riflessioni: pochi giorni dopo la modifica legislativa, un nuovo report dell'ISTAT ha evidenziato un nuovo minimo storico nel tasso di natalità. Di fronte a dati così allarmanti, il governo Meloni sembra continuare a privilegiare leggi ispirate a linee ideologiche e propagandistiche, ignorando le statistiche che dovrebbero guidare una comprensione realistica delle dinamiche e dei bisogni della società italiana.
La gestazione per altri, comunemente chiamata “maternità surrogata” o, con un termine più dispregiativo, “utero in affitto,” è una tecnica di procreazione assistita in cui una persona porta avanti una gravidanza per conto di altri. La gestazione per altri (GPA) consente a una persona o a una coppia impossibilitata a portare avanti una gravidanza di affidarsi a un’altra persona per farlo, adottando poi il bambino dopo la nascita.
Esistono due tipi di GPA: tradizionale (l’ovulo fecondato appartiene alla donna che porta la gravidanza) e gestazionale (l’ovulo proviene dalla madre intenzionale o da una donatrice). In questo secondo caso, l’ovulo viene fecondato in vitro e l’embrione impiantato nella donna che porterà avanti la gravidanza, senza alcun legame genetico col bambino.
La gravidanza può essere portata avanti da una parente, un conoscente o una persona estranea, e, nei paesi dove è regolamentata, la GPA può prevedere un contratto ed un compenso — considerato un aspetto controverso dai critici —. In alcuni paesi, invece, è consentito solo il rimborso delle spese mediche.
La nuova legge introduce un solo articolo che modifica la normativa precedente, estendendo il divieto di gestazione per altri anche ai casi realizzati all’estero. Fino a mercoledì, la GPA era vietata in Italia dalla legge 40 del 2004, che punisce chi vi ricorre con pene fino a due anni di reclusione e multe fino a un milione di euro. Tuttavia, per aggirare il divieto, molte coppie italiane si recavano all’estero, chiedendo poi il riconoscimento dei figli una volta rientrate in Italia.
La modifica apportata consiste in un’unica aggiunta: “Se i fatti di cui al periodo precedente sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana”. Con questa estensione, la legge punisce quindi anche i cittadini italiani che ricorrono alla GPA fuori dai confini nazionali.
Il disegno di legge, già approvato dalla Camera a luglio 2023, entrerà ufficialmente in vigore nei prossimi giorni, una volta promulgato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. È importante precisare che la norma non è retroattiva, quindi si applicherà solo ai casi futuri, senza effetto su quelli precedenti alla sua emanazione.
La possibile incostituzionalità della proposta di legge è stata messa in evidenza da alcuni parlamentari di opposizione, tra cui la senatrice Ilaria Cucchi di Alleanza Verdi-Sinistra. Anche il senatore Ivan Scalfarotto di Italia Viva ha espresso preoccupazioni, sostenendo che la proposta potrebbe violare alcuni principi costituzionali, tra cui l’articolo 3, che tutela l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. In passato, Scalfarotto aveva proposto un disegno di legge per regolamentare la “gravidanza solidale per altri”, insieme all’attuale segretario di Più Europa, Riccardo Magi.
L’eventuale costituzionalità della nuova legge potrebbe essere valutata dalla Corte Costituzionale - che in una sentenza del 2021 aveva già invitato il Parlamento a intervenire per definire lo status giuridico dei bambini nati all’estero tramite gestazione per altri - riconoscendo una “situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore”. Non è ancora chiaro se la legge recentemente approvata dal Senato risponda effettivamente alle richieste della Corte, che già nel 2017 aveva descritto la gestazione per altri come una pratica che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina profondamente le relazioni umane”.
Mentre l'opinione pubblica si confronta animatamente sulla recente modifica di legge, le prime pagine delle testate giornalistiche tornano a focalizzarsi sul report ISTAT 2023 riguardante la natalità e la fecondità della popolazione residente. Questo rapporto mette in luce un nuovo record negativo per le nascite in Italia: nel 2023 sono nati 379.890 bambini, con un calo del 3,4% rispetto all’anno precedente. Si conferma così una tendenza ininterrotta dal 2008, anno in cui il tasso di natalità — il rapporto tra nuovi nati e popolazione — aveva raggiunto il livello più alto degli anni Duemila, pari a 9,7 nati ogni mille abitanti, con oltre 570 mila nascite. Tuttavia, anche il dato del 2008 deve essere contestualizzato all'interno di un trend decennale di diminuzione: il calo delle nascite interessa in modo uniforme tutto il territorio italiano, risultando leggermente più marcato nel centro e nel nord del paese.
Secondo i dati ISTAT, la scelta di posticipare la nascita del primo e, magari, del secondo figlio è strettamente legata all'allungamento dei tempi di istruzione ed alle difficoltà nel trovare un lavoro stabile. Queste due condizioni ritardano l'età in cui le persone lasciano la casa dei genitori e raggiungono l'indipendenza economica necessaria per fondare una propria famiglia.
Inoltre, la diminuzione delle nascite è probabilmente influenzata anche da fattori strutturali, come il forte squilibrio nel carico della gestione dei figli, che ricade principalmente sulle donne. Per molte di loro, conciliare il lavoro con la vita familiare è estremamente complicato, se non impossibile. In Italia, per esempio, la legge prevede un periodo di maternità minimo di cinque mesi, mentre quello di paternità si limita a soli dieci giorni.
Fino ad oggi, il governo ha adottato alcune misure per affrontare questi problemi, come sgravi fiscali e bonus limitati, ma tali interventi sono stati considerati insufficienti e sporadici. Non hanno affrontato le condizioni strutturali che contribuiscono alla bassa natalità e, in alcuni casi, hanno portato a tagli nei servizi essenziali come le strutture per l'infanzia.
Mentre i modelli familiari si evolvono, le normative attuali non riescono a tenere il passo con queste trasformazioni sociali. Inoltre, il governo Meloni sembra continuare a privilegiare leggi dettate da linee ideologiche e propagandistiche, ignorando sia i dati ISTAT — che dovrebbero avere un ruolo cruciale nelle decisioni di politica economica, sociale ed amministrativa — che i cambiamenti in atto nella società italiana.
Invece di favorire una maggiore inclusione e l'accesso ai diritti riproduttivi, il governo sembra concentrarsi su iniziative che, pur avendo un forte impatto ideologico, non offrono soluzioni efficaci per le famiglie e le coppie che si trovano ad affrontare difficoltà nel costruire il proprio progetto di vita. Tale approccio rischia di compromettere ulteriormente il futuro demografico del paese, allontanando sempre più la prospettiva di una ripresa sostenibile della natalità in Italia.