Il prossimo quattro febbraio nel piccolo paese dell’America Centrale si voterà il nuovo Presidente e tutti i 60 membri dell’Assemblea Legislativa. Alle presidenziali, l'auto proclamato ‘’dittatore più figo del mondo’’ Nayib Bukele si è nuovamente candidato per quello che potrebbe essere il suo secondo mandato consecutivo.
Il contesto in cui ciò sta avvenendo è degno di nota. Bukele, infatti, non avrebbe avuto il diritto a ricandidarsi per un secondo mandato, in assenza della decisione della Corte Suprema del paese, risalente al 2021, in cui si sanciva il diritto del Presidente uscente a candidarsi per un secondo mandato consecutivo. I giudici della Corte Suprema erano stati scelti dal Congresso, dove la maggioranza era ed è detenuta dal partito di Bukele, Nuevas Ideas (NI).
Le particolarità di queste elezioni però sono svariate. L’auto proclamato ‘’CEO di El Salvador’’ ha infatti abbandonato il suo ruolo da presidente con sei mesi di anticipo, giustificando la scelta con la necessità di volersi dedicare pienamente alla campagna elettorale, e lasciando la presidenza alla direttrice dei Lavori Municipali, Claudia Rodriguez, figura scelta sempre dal Congresso a maggioranza NI.
Un’altra novità di queste elezioni è la riduzione dei distretti elettorali salvadoregni da 262 a 44. Propagandata da Bukele come una misura per ridurre la burocrazia e denunciata invece dagli oppositori e da osservatori indipendenti come un tentativo di gerrymandering per favorire ulteriormente il partito Nuevas Ideas.
Una caratteristica che ha contraddistinto la presidenza di Bukele è la sua fortissima presenza sui media, tradizionali o digitali, caratterizzata da populismo e autocelebrazione, ma anche da annunci in pompa magna di misure come la lotta alle gang e l’adozione di Bitcoin come valuta ufficiale del paese. Queste misure, come anche quella della riduzione dei distretti, godrebbero apparentemente di un forte supporto popolare. Tuttavia la versione mediatica di Bukele e la realtà dei fatti non sempre coincidono: la lotta alle gang è in realtà un accordo con le bande criminali del paese e l’adozione di Bitcoin ha messo a rischio l’economia salvadoregna durante i periodi di bear market della criptovaluta.
Essendo la presenza mediatica di Bukele una delle sue armi politiche principali egli si guarda bene dal concederla ai suoi opponenti. Il presidente uscente ha infatti una copertura mediatica totalmente sproporzionata rispetto ai candidati degli altri partiti.
I due principali partiti d’opposizione, l’Alleanza Nazionalista Repubblicana (ARENA) ed il Fronte di Liberazione Nazionale Farabundo Martì (FMLN), si ritrovano così totalmente incapaci di opporsi al monopolio mediatico di Bukele, alla sua agenda populista ed alla sua schiacciante maggioranza. Degli altri, piccoli partiti, la Gran Alleanza per l’Unità Nazionale (GANA) concorda con le politiche di Bukele, mentre altri ancora, come il Partito Indipendente Salvadoriano (PAIS), non sono stati ammessi alle elezioni.
Va sottolineato però che il successo dell’attuale presidente non è dovuto solo alla sua capacità di intercettare il malcontento popolare derivandone il proprio capitale politico, ma anche all’incapacità degli altri partiti di proporre alternative credibili. FMLN è un ex gruppo armato rivoluzionario che prese parte alla guerra civile, divenuto poi partito di sinistra d’ispirazione socialista, caratterizzato da una marcata suddivisione in correnti interne (veri e propri partiti nel partito) e da numerosi casi di negligenza e corruzione. ARENA invece è un partito di destra conservatrice e nazionalista, anch’esso prodotto dalla guerra civile, più precisamente dalla branca del potere che era insoddisfatta dalla gestione della dittatura militare. Nonostante il posizionamento opposto al FMLN sullo spettro politico, i problemi sono gli stessi: corruzione e negligenza nella gestione della criminalità. Ne conseguono l’impoverimento ed il malcontento dei cittadini salvadoregni.
La somma di questi fattori ci porta alla situazione odierna dove i sondaggi preliminari danno Nayib Bukele al 71%, seguito da Joel Sánchez di ARENA al 4,3% e Manuel Flores del FMLN al 2,9%. Praticamente un plebiscito.
Sempre a febbraio verranno eletti tutti e 60 i membri dell’Assemblea Nazionale e a marzo seguiranno le elezioni dei parlamentari per il PARLACEN (Parlamento Centroamericano) e dei rappresentanti delle municipalità (sindaci e consiglieri), che potrebbero sancire definitivamente la trasformazione di El Salvador in un paese dominato da un partito unico.
*Foto di AndreX. Sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International