Tra le “buone” intenzioni, che lastricano la strada verso l’inferno, si potrebbe annoverare l’idea del governo Meloni di accordare ad alcuni debitori insolventi la possibilità di liberarsi dei propri obblighi nei confronti dei creditori, pagando un importo fissato dalla legge e molto inferiore al credito iniziale.
Sul tema ho pubblicato una sintesi un po’ ironica su X (ex Twitter) e un post più circostanziato, in inglese, nella newsletter e sul gruppo LinkedIn dedicati a queste tematiche, che curo per motivi professionali.
Il successo (inatteso) di questi contributi, mi ha spinto a credere che possa risultare di interesse un testo in italiano che provi a far chiarezza sulla proposta e in particolare sul perché andrebbe abbandonata dal governo. Concludo con una proposta semplificata che ritengo potrebbe andare nella direzione voluta dalla “buone intenzioni” menzionate, senza effetti dirompenti sul sistema finanziario del paese.
Nell’idea che alcuni debitori insolventi possano liberarsi dell’obbligo di ripagare i propri crediti versando un importo fissato dallo stato. Il beneficio è limitato solamente ai casi in cui il creditore originario abbia riconosciuto l’insolvenza in un certo intervallo temporale ed abbia poi venduto il credito ad un soggetto terzo. Vediamolo con un esempio.
Anna e Marco sono due gemelli, entrambi hanno ricevuto da Banca Cattiva un prestito per 100mila euro ciascuno. Supponiamo che nell’intervallo di tempo previsto dalla nuova proposta di legge, Banca Cattiva riconosca la loro insolvenza: questo significa che la banca ritiene che non saranno in grado di restituire del tutto i soldi che hanno preso in prestito. Per continuare ad operare nell’interesse dei propri clienti e azionisti, Banca Cattiva ha la necessità di provare a recuperare almeno in parte i crediti verso i debitori insolventi. Può farlo chiamandoli al telefono per proporgli una transazione (non recupero tutto, ma incasso qualcosa), avviando azioni legali per pignorargli lo stipendio o la casa (questo avviene quando i debitori dispongono di redditi o beni aggredibili), oppure vendendo il credito a terzi investitori.
Supponiamo che Banca Cattiva decida di recuperare i crediti verso entrambi con una esecuzione immobiliare: il giudice ordinerà la vendita delle 2 case che garantiscono i due crediti e disporrà che il ricavato sia utilizzato per ripagare i creditori. Supponiamo poi che Banca cattiva venda solo il credito nei confronti di Marco e lo faccia per 30mila euro pagati da un terzo che chiamiamo per comodità Investitore Perfido.
La nuova proposta dice che Marco può cavarsela pagando 36mila euro a Investitore Perfido, che sarà obbligato ad accettare questo importo a fronte di un credito da 100mila che ha legalmente acquistato. Anna dovrà invece ripagare 100mila euro a Banca Cattiva perché il suo credito non è stato ceduto. Nel sistema giuridico italiano, che non prevede forme di fallimento individuale, se dalla vendita della casa di Anna, si dovessero ricavare solo 80mila euro (trascuriamo per il momento interessi e spese), Anna resterà debitrice dei 20mila euro che non ha restituito, anche se non le resta altro per poter pagare. Se Banca Cattiva avrà cura di interrompere il decorso della prescrizione chiedendo a Anna di pagare quello che manca, Anna resterà debitrice finché rimane in vita o non trova un qualche accordo con Banca Cattiva.
Gli estensori della proposta raccontano di voler aiutare Marco, ma di fatto finirebbero per discriminare Anna, perché in realtà hanno scritto una norma per punire Investitore Perfido. Pensano che sia immorale che vengano realizzati guadagni ingenti a spese dei debitori e anche delle banche, che hanno venduto in un momento storico in cui era in difficoltà (per questo motivo nella proposta c’è un intervallo temporale di riferimento).
Parecchie cose, proviamo a illustrare le principali in modo schematico:
1. Non è vero che Investitore Perfido faccia tanti soldi alle spalle dei poveri debitori e neanche che abbia approfittato del momento di difficoltà di banca cattiva
2. Non è giusto che Marco riceva un trattamento privilegiato rispetto a Anna e ancora meno che il costo di questo privilegio sia pagato, oltre che nell’immediato da Investitore Perfido, anche in prospettiva dai clienti non insolventi di Banca Cattiva
3. Visti gli interventi significativi dello stato nel mercato dei crediti deteriorati (e in generale la tendenza dello stato a sostenere le banche in difficoltà) una proposta di questo genere produrrebbe degli oneri anche per i contribuenti.
Perché il racconto semplificato degli estensori della proposta, nel quale chi opera in questo settore compra un credito che vale 100, lo paga forse 30 (se è garantito da immobili) e poi ne incassa magari 70 o 80 è falso e fuorviante.
Investitore Perfido NON consegue guadagni esorbitanti o immorali (qualsiasi cosa con questo si voglia intendere) perché:
1. Opera in un contesto competitivo caratterizzato da operatori professionali altamente specializzati, nel quale è molto improbabile realizzare extraprofitti (che sono una cosa diversa da quelli tassati alle banche)
2. Acquista attività finanziarie illiquide in un contesto di asimmetria informativa: chi gli vende i crediti li ha inizialmente concessi e li ha gestiti prima e durante il riconoscimento dell’insolvenza – al punto che la direttiva 2021/2167 ha introdotto degli obblighi di informazione nei confronti di chi acquista i crediti – il compratore che ne sa meno del venditore non può imbrogliarlo
3. Sostiene una serie di costi erode il margine teorico che gli estensori della vorrebbero “punire”.
A titolo esemplificativo:
– Il servicer che recupera i credito trattiene una percentuale sul recuperato che varia dal 6-7% per i crediti ipotecari al 15-20% per i crediti non garantiti
– promuovere un azione legale ha costi che incidono maggiormente sui crediti più piccoli, un’azione esecutiva per recuperare 100mila euro può avere costi (incluso il compenso del CTU) anche nell’ordine di 15mila euro
– chi compra un credito deve pagare consulenti, legali e tecnici che facciano una stima di quanto si potrà recuperare, formulino una proposta che tuteli l’acquirente e negozino un contratto di cessione con il venditore
– I soggetti che che possono comprare i crediti sono SRL di un tipo particolare previsto dalla legge 130/99 oppure intermediari iscritti all’albo bankit ex art 106 TUB usare questi strumenti ha un costo iniziale e costi ricorrenti di mantenimento
– spesso gli acquisti dei crediti avvengono mediante strutture di cartolarizzazione che richiedono il coinvolgimento di altri soggetti (arranger, master servicer, agenzie di Rating) che hanno un costo
In parole povere Investitore Perfido ottiene dai suoi investimenti un rendimento più o meno simile a quello di altre attività comparabili e qualche volta anche inferiore (se nella valutazione si tiene conto in modo corretto dei rischi affrontati), a giudicare dagli operatori che hanno provato a entrare nel mercato italiano e poi ne sono usciti, evidentemente insoddisfatti.
Perché i debitori insolventi sono una categoria molto vasta costituita in larga maggioranza da soggetti che non possono permettersi di pagare neanche l’importo fissato dalla legge. Il sottoinsieme individuato dalla proposta è arbitrario (come provato dall’esempio di Anna e Marco), per nulla rappresentativo della categoria e si determina solo in virtù della volontà di punire chi ha acquistato i crediti. Come spiegato nel paragrafo precedente anche questa volontà di punizione è arbitraria e male indirizzata, perché si rivolge ad operazioni che si svolgono in paesi con una elevata tutela dei consumatori e coinvolgono operatori vigilati.
Perché in Italia le difficoltà attraversate dagli istituti di credito sono sempre state risolte storicamente o con l’intervento di altri istituti più solidi (spesso sotto la regia della banca centrale o del governo) oppure dello stato (in varie forme ed eventualmente con una liquidazione ordinata parziale o totale). La vendita di crediti non performing rientra tra le attività ordinarie con le quali una banca si libera di alcune attività considerate NON CORE.
La missione principale di una banca è concedere crediti e raccogliere depositi. Gestire e recuperare crediti problematici è un lavoro diverso, specifico e gli istituti che non trovano conveniente farlo in casa (bisogna assumere persone che sappiano farlo, monitorare che lo facciano bene etc) scelgono in modo razionale di affidare il recupero ad operatori specializzati oppure di cedere a terzi investitori. Ciascuna delle alternative possibili ha costi e benefici.
Le banche che hanno ceduto i propri crediti deteriorati hanno semplicemente valutato che gli conveniva farlo e non è pensabile che in operazioni tanto strutturate e vigilate qualcuno abbia approfittato di qualcun altro.
Perché la quantità di credito che le banche concedono e i tassi che applicano è influenzata dall’ambiente in cui operano e dai rischi ai quali le banche sono esposte. L’esistenza di una legge che consente ad alcuni debitori di avere “uno sconto” fa aumentare la probabilità che tutti i debitori non paghino. Se è più probabile che la gente non paghi è più rischioso concedere finanziamenti dunque le banche presteranno di meno e a tassi più elevati.
Inoltre la punizione eventualmente accordata a Investitore Perfido scoraggerà tutti gli altri dall’acquistare crediti e in ogni caso spingerà i prezzi dei crediti a un livello inferiore al limite fissato per legge. Se è meno conveniente per le banche vendere i crediti e più difficile trovare chi li compra, si renderanno necessarie meggiori cautele in sede di erogazione che vuol dire, ancora meno credito e ancora tassi più alti.
La punizione ipotizzata chi investe in NPL e il vantaggio arbitrariamente accordato ad alcuni debitori insolventi avrebbe l’effetto di modificare il sistema in cui operano le banche inducendole a concedere meno credito a tassi più elevati penalizzando in ultima istanza i clienti non insolventi.
Perché tra i soggetti che hanno acquistato NPL sono presenti rilevanti interessi dello stato e delle stesse banche cedenti. Una quantità di crediti ceduti che vale circa un terzo del totale è costituita da crediti riferibili ad operazioni di cartolarizzazione assistite da GACS (Garanzia sulla Cartolarizzazione Sofferenze).
Il discorso potrebbe sembrare complicato, ma per farla breve si può dire che lo stato per aiutare le banche a vendere meglio i propri crediti deteriorati (che vuol dire a un prezzo più alto di quello che pagano gli investitori cattivi) ha concesso delle garanzie che comportano un esborso nel caso di recuperi sui crediti venduti inferiori a quanto previsto al momento della vendita.
Dunque, se la proposta fosse applicabile ai crediti ceduti nelle operazioni garantite dallo stato è molto probabile che, la riduzione degli importi recuperati sui crediti comporterebbe l’escussione delle garanzie verso lo stato con conseguente esborso per i contribuenti.
Oltre alla concessione di garanzie sulle cartolarizzazioni, lo stato italiano interviene nel mercato dei crediti deteriorati mediante società direttamente controllate (per esempio AMCO) e per il contributo diretto e indiretto nel salvataggio di banche in difficoltà (Cfr MPS e simili).
Perché gli operatori dei mercati finanziari definiscono le proprie strategie di investimento sulla base delle aspettative in merito a quello che può accadere in futuro e non attendono che le leggi siano varate. Se dico pubblicamente che farò una legge che punisce chi investe in Italia, chi pensava di farlo nel dubbio si astiene.
Le banche che operano nel nostro paese devono valutare costantemente i rischi a cui vanno incontro: l’incertezza che una legge del genere possa essere emanata è di per sé un rischio.
Ne consegue che una parte del danno collegato a questa proposta si è già realizzato per il solo fatto di averne parlato.
Di sostituire la proposta in circolazione con un provvedimento, che non abbia conseguenze tanto evidenti in termini, non solo di distorsione del mercato, ma anche e soprattutto di ingiusto vantaggio accordato ad una minoranza di soggetti selezionata in modo arbitrario e a spese della collettività.
Un modo per dare una mano ai debitori insolventi potrebbe essere introdurre nel nostro ordinamento giuridico una forma di fallimento per le persone fisiche. Alcuni passi in questa direzione sono già stati compiuti con la disciplina del sovraindebitamento, si potrebbe continuare su questa direttrice usando come modello la disciplina del fallimento individuale che esiste ad esempio negli Stati Uniti. A questo link la sintesi che ne fa Investopedia
– ci sono argomenti concreti per sostenere che l’introduzione della misura proposta costituirebbe un danno per la collettività
– il mero fatto che una ipotesi del genere sia in discussione costituisce un disincentivo a investire nel nostro paese e un motivo per restringere l’offerta di credito da parte delle banche italiane
– la buona intenzione di aiutare i debitori insolventi potrebbe essere perseguita in modo molto meno distorsivo con l’introduzione di una disciplina del fallimento individuale nel nostro sistema giuridico
– i guadagni ingiusti e immorali che la norma vorrebbe colpire non esistono e il tentativo di punirli avrebbe un costo rilevante per le banche, lo stato e, in ultima istanza, i contribuenti.
Articolo pubblicato su Econopoly (ilsole24ore)