Possiamo permetterci di dire che questa pubblica diatriba sull’aspetto estetico della Schlein ci fa sonoramente girare i coglioni? Perché si tratta di una cretinata infantile, che nulla aggiunge ai “contenuti” (termine già spremuto in abbondanza da chi, di contenuti, non ne ha), ma rappresenta l’ennesima occasione perfetta per tutti - per chi la attacca tirando in mezzo chirurgie estetiche e per lei, che prende la palla al balzo sfruttando l’attacco a fini pubblicitari - di parlare di cazzate e non di roba seria?
Possiamo dire che comunque, pur non essendo avvezzi a schadenfreude ed essendo valido quanto sopra, questa volta ce la siamo un po’ goduta? Chiarissima una componente di sessismo nelle farsesche critiche degli antagonisti, ma sarebbe bello chiedersi perché la diretta interessata abbia voluto rivelare cotante informazioni. Se noi usassimo un personal shopper non riterremmo interessante comunicarlo al mondo (molti di noi non solo ne avrebbero bisogno ma potrebbero pure permetterselo), ma la paladina del proletariato è lei. Possiamo domandarci a quale fetta di elettorato stia ammiccando? Forse a quella che qualcuno ha definito “la ZTL dei rentier milanesi”? Perché i proletari, oggi, a quanto ci risulta votano in gran parte Salvini, Meloni e 5S e non assumono personal shopper.
Possiamo dire che ci fa un po’ incazzare una persona che si proclama ecologista, amante del km zero o sottozero, dell'economia circolare e poi va a parlare di personal shopper? Possiamo dire che sono 50 anni che ci vaporizzano i genitali con i ricchi di sinistra che ti spiegano - dalle loro cazzo di ville e di appartamenti in centro città modello campi di calcio - l’irrilevanza dei soldi? Possiamo dire che siamo arcistufi di vedere dei privilegiati e delle privilegiate venirci a spiegare che bisogna ridurre i consumi mentre indossano vestiti firmati? Alcuni di noi ancora si ricordano quando riutilizzavano i vestiti dismessi dei fratelli più grandi, laddove costoro i vestiti dismessi se li sono infilati solo per cosplay.
L'aspetto più simbolicamente tragicomico dell’intero episodio è che l’intervista, organizzata per accaparrarsi proprio i voti delle sopra-citate ZTL, dato che il proletariato non legge Vogue, abbia visto protagonista a compiere rocamboleschi salti mortali per difenderla proprio la sinistra delle tasse al 90%, dello stato imprenditore, delle vacanze diverse a Stromboli e compagnia retorica cantante. Siamo “laicamente” coscienti che la coerenza non sia più una virtù ma … la decenza nemmeno?
Ok, ora che ci siamo sfogati nel modo in cui ci si sfogava nelle vecchie sezioni del PCI prima di iniziare la riunione, passiamo alle considerazioni serie.
Lo abbiamo detto in ormai decine di occasioni - e lo ripetiamo stile disco rotto finché qualcuno non si sveglierà dal sonno della ragione, che in Italia sembra eterno. La sinistra italiana scopre con 15 anni di ritardo mode populiste idiote che, altrove, puzzano già di muffito da un bel po’. Dal 2018 in avanti stiamo banalmente assistendo a l'americanizzazione ritardata (in entrambi i sensi) della sinistra italiana. Per giunta con contenuti e modalità anche più effimeri: i fashionable sono di sinistra da decenni nel mondo anglosassone e fra un po’ non saranno piu’ fashionable perché la ruota gira. L’elettorato “popolare”, negli USA, o ben va a destra o smette di votare.
Perché una simile moda pseudo-intellettuale? E perché la provenienza da certi ambienti? Chi si sia preso la briga di approfondire ha identificato un pattern sociale preciso: la upper class del settore servizi (specialmente se pubblici) non guadagna molto da concorrenza ed innovazione, anzi molto poco. L’innovazione tecnologica, nel 2023, è vista da queste élite “tecnologicamente vecchie” come una fastidiosa spina nel fianco che mette a repentaglio privilegi acquisiti e mai realmente ripudiati. Detta upper class preferisce, pertanto, staticità e poca crescita. Noi siamo arrivati e stiamo bene così, gli altri è opportuno rimangano indietro, altrimenti ci vengono ad affollare i concerti, fanno compere dove le facciamo noi, mangiano Km0 anche loro, ci infastidiscono con il loro essere proletari (veri) e rischiamo di vedere concorrenza nel caso la scuola venga riformata e generi un minimo di mobilita’ sociale come negli anni ‘60-’70. E, come se non bastasse, fra un po’ una di queste AI scriverà gli stessi articoli retorici e privi di proposte concrete su cui abbiamo fondato il nostro successo di pubblico.
La migliore manifestazione di questa tendenza è il dibattito sul turismo: c'è un filo rosso che connette un Montanari esultante durante il lockdown perché finalmente poteva godersi le strade di Firenze prive di turisti e la discussione di adesso, nella quale più gli interlocutori si professano di sinistra, più sostengono che sia necessario farla finita con il turismo di massa (= i pezzenti) e passare al turismo di qualità (= i ricchi). Un’altra plastica dimostrazione riguarda il dibattito sul cambiamento climatico, con i pretoriani della sinistra-vera-sinistra tutti nevroticamente allineati a pontificare di riduzione dei consumi superflui attraverso interviste su Vogue e vacanze in isole molto esclusive e CO2-costose da raggiungere.
Peccato che ogni stima realistica su cio’ che circa 7 miliardi e mezzo di umani intendano fare ne preveda un aumento vertiginoso da qui ai prossimi 20-30 anni, perché i poveri hanno questa pessima e fastidiosa abitudine di voler smettere di essere poveri il più presto possibile. E siccome vogliono smetterla di essere poveri, al momento l’unico lavoro che li possa condurre fuori dalla condizione di povertà non passa da emissioni zero e da consumi negativi. Decoupling? Green premium? Innovazione tecnologica? Nucleare? Investimenti in Africa per favorire sviluppo rapido e non contaminante? No, parliamo di armocromia, agli emarginati sicuramente premerà quello.
Il passaggio dalla fascinazione per la classe proletaria all’odio per i poveri segna il discrimine tra progressismo riformista/liberante e progressismo correttivo. Una volta c'era la lotta di classe, che aveva una base materiale e, con i dovuti distinguo, durante alcuni decenni è stata utile al progresso economico e sociale. Il cambio tecnologico l'ha in gran parte risolta, almeno in occidente e in quella forma, spostando altrove lo scontro sociale e le famose diseguaglianze.
Questo aspetto ha colto completamente alla sprovvista la cosiddetta "elite progressista", che aveva (a suo, autoreferenziale, dire) in mano la chiave della storia e del progresso. Quindi ha dovuto correggere toni e modi. Il progresso è diventato il “progressismo correttivo", ovvero lo stato etico che ci dice come si debba parlare, vestire, dove dobbiamo andare al bagno, e cosa dobbiamo mangiare. Tutto, ovviamente, nel nome del progresso.