Quando le cose vanno in direzione contraria ai desiderata dei politici c’è sempre un nemico esterno, reale o immaginario a cui dare la colpa.
Una volta è l’Europa (v. foto 1 Marco Rizzo), un’altra è la speculazione (v.foto 2 Salvini), sempre è il neoliberismo, gran manovratore occulto dell’una e dell’altro.
Poche parole per liquidare l’affermazione di Rizzo e poi passare alle cose serie.
Il prezzo dei carburanti in Slovenia è da sempre molto più basso che in Italia. Ciò è dovuto non all’Europa matrigna (Rizzo sembra ignorare che Lubjana sia in UE), bensì a 2 fattori principali: il primo è il prelievo fiscale inteso come accise, imposte di fabbricazione e imposta sul valore aggiunto; il secondo ai costi di produzione e trasporto dei prodotti raffinati. Un terzo eventuale fattore è la concorrenza: il governo e i gestori mantengono volutamente prezzi più bassi rispetto a quelli praticati dai vicini per incentivare il turismo petrolifero.Occorre qui spiegare quali sono le componenti del prezzo finale di benzina e gasolio.
Prima di tutto il prezzo della materia prima (a), poi i costi di raffinazione (b), le imposte di fabbricazione (c) le accise (d), l’Iva (e) applicata anche alle accise, il margine lordo (f). L’Italia è in Europa il Paese che applica le accise più alte sul gasolio e il secondo dopo l’Olanda sulla benzina. La componente fiscale del prezzo (b+c+d+e), al lordo di eventuali sconti e incentivi temporanei è fra il 60 e il 65%. Ne consegue che la componente politica del prezzo è quella di gran lunga predominante.
Nella fattispecie degli aumenti lamentati da Salvini, questi dipendono totalmente dalla scelta del governo di non confermare oltre il 31 dicembre lo sconto sulle accise di 18,3 centesimi. Il bilancio di previsione 2023-2025 approvato nel Consiglio dei Ministri del 21 novembre 2022 aveva portato le entrate attese da accise sui carburanti da 27 miliardi a 32,5. Dunque tanto Meloni quanto Salvini sapevano che la cancellazione dello sconto avrebbe prodotto un aumento delle entrate per lo Stato. Più plausibile che avessero sperato che la diminuzione del prezzo della materia prima nascondesse agli occhi dei consumatori gli aumenti del prezzo finale. Infatti a partire da giugno il prezzo del greggio è iniziato a scendere e oggi quota sui livelli pre guerra del gennaio 2022.
Invece è andata loro male anche perché, è opportuno dirlo, la stampa alla ricerca di scoop e clic ha pensato bene di lanciare titoli allarmistici basati sui prezzi più alti praticati in autostrada al servito, invece di fare una cosa più corretta: comparare i prezzi medi praticati dalla rete distributiva prima e dopo la fine dello sconto.
Per fare questa semplice comparazione bastava cercare su uno qualunque dei tanti siti che monitorano il prezzo dei carburanti.
Dalla stampa poi apprendiamo che Meloni e Giorgetti hanno convocato il comandante generale della Guardia di Finanza per sollecitarlo nell’attività di controllo dei gestori e verificare che non ci siano fenomeni speculativi. Forse Meloni e Giorgetti non sanno che i prezzi finali sono monitorati settimanalmente e mensilmente dal loro stesso governo tramite il Ministero dello Sviluppo Economico e pubblicati a questo indirizzo? Oppure che anche il ministero dell’ambiente raccoglie li stessi dati e li pubblica?
Abbiamo fatto noi quello che avrebbero potuto fare loro, ovvero verificare se ci sono fenomeni anomali e speculativi sui prezzi praticati ai consumatori. Ha cominciato l’amico Riccardo Trezzi che aveva lo stesso nostro dubbio sulla narrazione speciosa dei nostri ministri patrio-populisti (su Twitter).
Quando stamattina (9 gennaio) il Mise ha pubblicato le rilevazioni dei prezzi dell’ultima settimana, la prima senza lo sconto sulle accise, abbiamo verificato in modo puntuale se gli aumenti siano stati sopra i 18,3 centesimi.
Su un campione di 1219 impianti la stragrande maggioranza ha aumentato i prezzi di un importo pari all’aumento delle accise.
Più precisamente 844 impianti li hanno aumentati entro un intervallo di 18-19 centesimi; 123 li hanno aumentati di più di 20 centesimi; 252 li hanno diminuiti o li hanno applicati in misura minore al vecchio sconto; solo 23 impianti hanno aumentato i prezzi per più di 24 centesimi.
Detta in altri termini non c’è sui prezzi nessun fenomeno speculativo evidente; in secondo luogo presidente del consiglio, ministro delle finanze e ministro delle infrastrutture gridano all’allarme quando con una banale telefonata al titolare del Mise Adolfo Urso avrebbero potuto sapere che non c’è nessun furbetto che vuole approfittare di nulla.
Certo è molto più semplice accusare un fantomatico nemico esterno che scusarsi con i consumatori per un provvedimento preso con leggerezza.
Qualche settimana fa durante un convegno su politica vissuta e politica percepita ho affermato che la politica è l’arte di raccontar balle e mostrare il verosimile come vero. Se solo i cittadini lo capissero e si ricordassero che hanno il diritto di essere informati correttamente, forse avremmo una classe politica migliore.
Ultim'ora: mentre scriviamo apprendiamo che il Consiglio dei Ministri convocato per le 18,30 ha stabilito che i gestori dovranno pubblicizzare accanto al prezzo praticato anche il prezzo medio; misura inutile e fuorviante perché il prezzo medio non è indicativo per quegli impianti che subiscono prezzi di distribuzione maggiorati, come ad esempio quelli presenti sulle autostrade.
Qui un grafico elaborato da Umberto Bertonelli