Astensionismo e populismo sono due fenomeni sociali in continua evoluzione in Italia come nel resto d’ Europa. Da una parte abbiamo il populismo che come concetto non è nuovo, infatti già nella Russia zarista il termine veniva usato per designare un complesso di idee e movimenti dell’epoca, naturalmente imparagonabili al populismo moderno che trova il suo prototipo a livello di tecniche comunicative, tematiche e modus operandi nel partito Unione e Fraternità Francese di Pierre Poujade.
Il partito metteva sul piatto del dibattito pubblico tematiche che diventeranno ricorrenti per questa tipologia di partiti, ovvero l’antiparlamentarismo, la difesa dei piccoli contro i potenti, la corruzione dei politici e dell’élite in generale. Il partito riuscì a far eleggere 52 deputati nel 1956 per poi sparire definitivamente due anni dopo.
Bisogna passare agli anni '80 per notare un ritorno e una fioritura in tutta europa di partiti populisti come la Liga Veneta e il Front National di Jean-Marie Le Pen (ex deputata del movimento di Poujade).
Parallelamente sul fronte dell’astensionismo si nota una crescita generale in tutta Europa, nello stesso periodo, infatti negli anni sessanta più dell’85% degli europei partecipava alle elezioni. Negli anni novanta, questa cifra era inferiore al 79% [1]. Prima di continuare però è utile delineare meglio che cosa si intende con astensionismo e populismo poiché rimangono concetti difficili da inquadrare.
Istintivamente, definire il concetto di astensionismo risulta facile: tendenzialmente si ritiene che con questo termine si intenda, genericamente, l’astenersi dal prendere parte alla vita pubblica, alle elezioni o ad altre forme di partecipazione democratica.
Naturalmente, questo è vero, ma purtroppo semplifica non poco la realtà perché non distingue le varie forme di astensionismo. In altri termini, chi si astiene lo fa per diversi motivi infatti si possono trovare persone che non partecipano poiché completamente disinteressate alla politica, esiste anche chi è indeciso ma non disinteressato oppure chi è disilluso, altri ancora che usano l’astensionismo come una vera e propria protesta politica, esprimendo un dissenso totale nei confronti del sistema.
Essenzialmente, il concetto di astensionismo assume sfumature diverse in base alle motivazioni che portano a non partecipare. Guardando solamente il numero di persone che si astiene, sfugge un pezzo di realtà; basti pensare che, se da una parte l’astensionismo è un fenomeno sempre più evidente, dall’altra parte invece si nota che il Terzo Settore è in costante crescita.
Per esempio, in Italia si registra una crescita delle istituzioni attive dal 2001 al 2021 (ultimi dati disponibili) del 53,3%, insieme a un aumento dei dipendenti dell’83%. Le persone effettivamente non hanno perso il senso di dovere civico verso la società, ma piuttosto si può riscontrare un un processo di trasformazione nel modo in cui, le persone, intendono la partecipazione stessa, più distante dalle istituzioni e più vicina ad enti apolitici.
Naturalmente, il dato dell’astensionismo dipende anche da altri fattori; infatti, si può riscontrare come le persone più anziane siano quelle che più facilmente non vanno alle urne per via di impedimenti di natura fisica. Anche in base al reddito si può riscontrare una correlazione: più benestanti si è, più si tende a votare.
In sintesi, l’astensionismo è collegato a più fattori, ma l’effetto che ha sulle democrazie non cambia, ponendo dei seri problemi di rappresentanza e legittimità da parte del sistema istituzionale. Per esempio una rappresentanza politica distorta dalle poche persone che partecipano alle elezioni può portare a un dominio delle minoranze attive e allo stesso tempo può creare anche problemi di disparità di potere soprattutto per i gruppi sociali più svantaggiati che tendono ad astenersi in misura maggiore.
I movimenti populisti intercettano questo deficit di rappresentanza e legittimità collegato all’astensionismo e cercano di porvi rimedio attraverso essenzialmente la figura del proprio leader, una persona dotata di quel dono divino che Weber individua nel carisma, grazie al quale si fa portavoce del popolo e del senso comune. [2]
Al contrario dei suoi omologhi, afferma di essere vicino all’uomo e alla donna di strada. Attraverso una narrazione di questo tipo vogliono infondere più rappresentanza nel sistema, cercando di portare le istanze dell’uomo comune alle istituzioni. Una modalità di fare politica che ha portato alla crescita di molti partiti in tutto il panorama europeo.
L’Italia è ovviamente l’esempio più lampante dell’ ascesa di questa tipologia di partiti, ma nonostante ciò l’astensionismo non diminuisce. Il fallimento sotto questo punto di vista è dovuto a vari fattori, tra i quali è importante sottolinearne due.
Il fatto di portare avanti una retorica del senso comune raffigurando il popolo come un’unità compatta sostanzialmente non si regge in piedi. Non esiste un popolo monolitico, anzi ogni società si compone di diversi elementi e diverse voci. In questo senso, i populisti sono degli imprenditori politici che si danno da fare per conquistare la più grossa fetta di mercato possibile, servendosi, se necessario, di un po’ di kitsch romantico.[1]
L’altro elemento importante da sottolineare è il fatto che questi partiti non combattono il senso di reificazione che una parte sempre più importante della popolazione prova nei confronti delle istituzioni. Con reificazione si intende quella particolare tendenza umana a percepire i propri prodotti come qualcosa di diverso, come se fossero dei fatti di natura o risultati di leggi universali. Ciò implica che l’uomo è capace di dimenticare di essere lui stesso autore del mondo umano e ne fa esperienza come una strana fattualità. [3]
Le istituzioni appaiono quindi lontane e immutabili; i populisti cercano di avvicinarle, ma principalmente per ottenere voti e potere. In questo senso, il Terzo Settore, insieme ad altri strumenti politici come i referendum, agiscono secondo una logica diversa, attivando il cittadino attorno a tematiche, coinvolgendolo e quindi combattendo, più o meno indirettamente, il senso di reificazione. Basti pensare alla raccolta firme dell’Associazione Luca Coscioni dell’estate 2021, che è riuscita a raccogliere quasi 1,5 milioni di firme per due referendum: cannabis legale e eutanasia legale.
Dimostrando come la società civile non sia disinteressata alla cosa pubblica ma che nutra una diffidenza e un disinteresse verso la classe politica.
In sintesi, l’astensionismo e il populismo si intrecciano creando una relazione ambigua che ha visto, dagli anni '80 in poi, una crescita costante di questi due fenomeni.
Entrambi probabilmente sono sintomi di una malattia più grande, cioè quella di una generale mancanza di legittimità, fiducia e interesse verso le nostre istituzioni che potrebbe generare un circolo vizioso piuttosto difficile da controllare.
L’astensionismo crescente potrebbe alimentare le distorsioni politiche e rappresentative favorendo l’ emergere di partiti populisti che cercano di ottenere consensi senza risolvere, però, il problema della reificazione minando ulteriormente la credibilità del sistema e alimentando questo processo perverso.
In questo contesto si possono evidenziare alcuni elementi utili per fermare questo declino che potrebbero nascere dall’ interazione fra gli enti del Terzo Settore e la società civile attraverso opere di dereificazione cioè cercando di rendere direttamente partecipe il cittadino alla cosa pubblica.