Su Il Fatto Quotidiano, Marco Tarquinio, ex-direttore di Avvenire e candidato alle elezioni europee per il Partito Democratico, scrive una lettera per chiarire quanto affermato nella trasmissione televisiva Tagadà su La7 pochi giorni fa e così contrastare le “interpretazioni creative” o addirittura le “smaccate manipolazioni” a cui le sue parole sarebbero state soggette.
Nella trasmissione, come ripetuto nella lettera, Marco Tarquinio dice che “le alleanze servono se sono difensive, se servono a fermare le offese contro l’umanità; se da difensive diventano offensive, se servono a fare e perpetuare la guerra meglio scioglierle.” Di qui, continua Tarquinio, meglio sciogliere l’alleanza con Netanyahu, e meglio sciogliere la NATO, per costruire “un’Alleanza tra Pari tra Unione Europea e Stati Uniti.”
Una vecchia regola della retorica e della pubblicistica sostiene che a dover chiarire le proprie idee sono solitamente o quelli senza idee o quelli senza chiarezza. Tarquinio conferma la regola. Anziché chiarire, la lettera di Tarquinio evidenzia infatti quanto poco questi conosca e capisca la materia di cui discute. D’altronde, per essere un chiarimento, la lettera chiarisce molto poco: piena di frasi ad effetto, spesso scollegate o addirittura in contraddizione con la sua tesi di fondo, questa non chiarisce mai la tesi centrale, che in ogni caso viene affrontata solo molto avanti nel testo, quasi fosse in secondo piano – ovvero l’esatto contrario di quanto un chiarimento dovrebbe fare.
Prima di entrare nel dettaglio, due considerazioni sono d’obbligo rispetto a quanto detto in TV.
Metà dell’intera lettera è in insieme di premesse, introduzioni, interlocuzioni e tante altre frasi e riferimenti che non c’entrano nulla con il punto contestato: le ragioni della necessità di sciogliere la NATO. Anziché andare dritto al punto, Tarquinio usa metà del suo spazio per citare Macron, e la sua famosa frase sulla NATO in morte cerebrale, Trump che minaccia di non difendere gli alleati inadempienti finanziariamente, e menzionare la continua escalation degli ultimi mesi.
Escalation che, evidentemente, c’è stata solo per Tarquinio, in quanto in questi due anni, i mercati internazionali hanno reagito negativamente al conflitto solo nelle prime settimane, per poi disinteressarsene largamente nei mesi successivi: basta guardare l’MSCI Europe.
Paragrafo 1. Il resto della lettera non spiega mai, chiaramente, perché la NATO debba essere sciolta. Tarquinio preferisce invece toccare temi disparati, in maniera confusa e spesso contraddittoria, andando non di rado fuori tema. Si pensi a questo passaggio:
In questo quadro, la questione delle alleanze militari difensive che diventano offensive è pesantissima. […] Non c’è dubbio ormai che abbia cambiato natura la NATO, alleanza difensiva costituita per fronteggiare l’URSS e i Paesi del Patto di Varsavia (il Patto dell’Est sovietizzato nacque dopo la Nato e questo è un fatto, non una mia opinione, anche se qualche filosofa “riformista” e più di un’opinionista, che evidentemente sanno poco di storia, pretendono di sentenziare il contrario
Non sappiamo chi sia la filosofa, né gli opinionisti, a cui Tarquinio fa riferimento. Sappiamo però cosa fa Tarquinio, invece. Anziché chiarire il punto centrale, ovvero il cambiamento della natura della NATO, da alleanza difensiva a offensiva, ci tiene a specificare che il Patto di Varsavia nacque dopo la NATO, e ciò sarebbe un fatto, che taluni che conoscono poco la storia negherebbero. In primo luogo, ci sembra che Tarquinio stia avanzando un non-detto: il Patto di Varsavia sarebbe stato creato come reazione alla fondazione della NATO, che dunque – interpretiamo il tarquinese – sarebbe stata aggressiva fin dall’inizio. E’ possibile che la nostra interpretazione non sia corretta: non è colpa nostra se il chiarimento di Tarquinio più che fare chiarezza solleva solo ombre. Ma se la nostra interpretazione è corretta, allora viene meno la stessa ragion d’essere del chiarimento di Tarquinio, in quando il punto dirimente del suo ragionamento è che la natura della NATO è cambiata, cosa che logicamente invece questo possibile non-detto contraddice.
Se Tarquinio non sta avanzando questo non-detto, allora non è chiaro questo “chiarimento” a cosa serva, e ancora meno cosa c’entri il fatto che chi ignora la storia negherebbe il fatto che la NATO abbia preceduto la fondazione del Patto di Varsavia. Se Tarquinio legge persone che non conoscono la storia, forse dovrebbe interrogarsi sulle sue letture o sulle sue amicizie. La nostra impressione è che qui Tarquinio stia facendo il gioco degli specchi tipico degli affabulatori: associa parole, aggettivi e concetti con un’accezione negativa (aggressività, ignoranti, negare la storia) al soggetto dei propri strali (la NATO), per macchiarne l’immagine. E’ il tipico artifizio retorico di chi non ha argomenti.
Per Tarquinio, e i suoi amici ignoranti, è utile aggiungere due brevi considerazioni storiche. Da una parte, il Piano Marshall, le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa, vengono tutti fondati prima del Patto di Varsavia: allora anche questi avrebbero avuto una natura aggressiva e quindi responsabilità nella reazione sovietica? Dall’altra parta, la NATO fu fondata nel 1949, ma la creazione della sua struttura militare avvenne solo negli anni Cinquanta, quando l’aggressività sovietica fu chiara e conclamata. D’altronde, basti un semplice “fatto” per usare le parole di Tarquinio: il primo Segretario Generale della NATO venne nominato nel 1952, ovvero tre anni dopo la firma del Patto Atlantico.
Paragrafo 2. Tarquinio poi aggiunge che:
Dopo la fine della Guerra fredda, la NATO ha mutato i suoi obiettivi strategici e lo ha fatto in sede intergovernativa, senza passare dal dibattito e dalla ratifica dei parlamenti.
Siamo di nuovo ai non sequitur e ai giochi degli specchi. In primo luogo, quale sarebbe esattamente il problema identificato da Tarquinio, il processo o il risultato? Se il problema è il risultato (l’aggressività della NATO), allora il processo è secondario e ha poco senso discuterlo. Se il problema è il processo (intergovernativo), allora basta chiederne una revisione, o un adeguamento: e ciò non porta logicamente allo scioglimento della NATO. Tarquinio menziona il processo, con il solo scopo di evidenziare aloni e ombre nella NATO, per continuare a nascondere il suo chiarimento.
Il problema è che l’assenza di logica nelle argomentazioni di Tarquinio ha importanti implicazioni politiche per un candidato alle elezioni. Dal 1991 ad oggi, il Partito Democratico (o i suoi eredi) sono stati al governo più volte: Prodi (1996 e 2008), D’Alema (1998), Amato (1999), Monti (2011), Letta (2013), Renzi (2014), Gentiloni (2016), Conte (2019), e Draghi (2021). Se Tarquinio ritiene che tutti questi governi si siano fatti turlupinare dalla NATO, dovrebbe dirlo chiaramente, e spiegarci come mai voglia stare in un partito fatto o di idioti o di complici.
In secondo luogo, tornando ai fatti, il cambiamento strategico a cui, penso, Tarquinio faccia riferimento è il seguente. Il Concetto Strategico è il documento nel quale la NATO, storicamente, identifica i suoi obiettivi strategici. Durante la Guerra Fredda, l’obiettivo strategico della NATO (il termine corretto sarebbe missione centrale, ma lasciamo perdere) era la deterrenza e la difesa: letteralmente far desistere l’avversario da un attacco (deterrenza) ed essere in grado di neutralizzarlo nel caso di fallimento (difesa). Nel 1991, finita la Guerra Fredda, la NATO pubblicò un nuovo Concetto Strategico. Questo documento, da una parte, rinominò la deterrenza e difesa in difesa collettiva, per segnalare dunque distensione e la necessità di andare oltre la contrapposizione che aveva caratterizzato la Guerra Fredda. Poi, la NATO aggiunse una seconda missione centrale: la gestione delle crisi. L’affermazione di Tarquinio sul cambio della natura della NATO, da alleanza difensiva a offensiva, in questo frangente fa oggettivamente ridere, se non facesse piangere. Nel momento in cui la NATO riduceva l’importanza delle armi nucleari, della difesa territoriale, del dispiegamento di truppe lungo il fronte, nel momento quindi in cui TUTTI i suoi Paesi tagliavano la spesa militare (tra il 30 e il 50%), in cui gli Stati Uniti riducevano il loro arsenale nucleare del 90% (unilateralmente, senza quindi alcun trattato o accordo), nel momento in cui la NATO stessa riduceva sostanzialmente le esercitazioni militari per conflitti ad alta intensità, e nel momento in cui la NATO prestava maggiore attenzione alla prevenzione e gestione delle crisi, secondo Marco Tarquinio, la NATO diventava più offensiva.
C’è ovviamente di più: l’introduzione di una nuova missione fondamentale nel Concetto Strategico del 1991 permise alla NATO non solo di segnalare, inequivocabilmente, alla Russia stessa la volontà di cooperazione e distensione, cosa pure a Mosca capirono, tanto che la Russia stesa chiese di entrare nella NATO e in ogni caso ne divenne partner a partire dal 1994, ma fece sì che la NATO potesse contribuire alla transizione politica e militare dell’Europa Centrale e Orientale. D’altronde, mentre uno studioso come John Mearsheimer (quello che dice che la guerra in Ucraina è tutta colpa della NATO) avvertiva allora che la fine della Guerra Fredda avrebbe portato a guerre e distruzione in Europa, l’Europa osservava in realtà l’inizio di un periodo di pace, liberà e crescita economico-politica senza precedenti. Ovviamente la storia non si fa con i ma, ma possiamo chiederci se e cosa sarebbe successo se i Paesi dell’Europa Centrale e Orientale fossero diventati autocrazie nazionaliste anziché diventare democrazie liberali (ovviamente con dei difetti). La transizione osservata in questa parte di Europa, rispetto a quella dei Balcani, negli anni Novanta, certo fa pensare.
Infine, il riferimento ai governi è abbastanza ridicolo. In primo luogo, raramente i governi votano singole decisioni di politica estera dei propri governi, specie quando queste non implicano impegni vincolanti di lungo tempo – come è il caso dell’aggiunta di questa seconda missione nel concetto strategico della NATO. A ciò va poi aggiunta un’ulteriore considerazione, ovvia a chi studia la storia ma evidentemente non altrettanto nota a chi rimprovera agli altri di non conoscerla (Tarquinio): durante la Guerra Freda, i Concetti Strategici della NATO erano classificati, ovvero non disponibili al pubblico. Si trattava di segreti militari che non potevano essere condivisi, in quanto avrebbero favorito l’Unione Sovietica. Nel 1991 ci fu un chiaro cambio di marcia: la NATO non solo aggiunge una missione più “soft” al suo repertorio, la gestione delle crisi, ma decise anche di comunicare maggiormente e più chiaramente le proprie attività, così da essere trasparente (verso il pubblico) e rassicurante (verso gli ex-avversari). In altre parole, quando i concetti strategici della NATO parlavano solo di bombe e distruzione e non erano consultabili al pubblico, dobbiamo derivare, per Tarquinio andava tutto bene; quando la NATO ha iniziato a parlare in pubblico anche di stabilizzazione, di trasformazione democratica delle forze armate, di peace-keeping, l’Alleanza diventava più offensiva.
Paragrafo 3. Oramai siamo a quasi ¾ dell’articolo e il chiarimento non è ancora arrivato, ma Tarquinio aggiunge l’ennesima chicca.
L’opinione pubblica e addirittura alcuni politici ignorano, per esempio, che navi militari dei Paesi NATO, Italia compresa, sono state e vengono ora impiegate nel mare meridionale cinese… siamo oramai ben lontani dal presidio difensivo dell’Atlantico del Nord.
Le possibilità sono due: o Tarquinio non ha idea di cosa stia parlando o sta volutamente dicendo una cosa inesatta con l’intento di far passare il messaggio che la NATO stia abbaiando alle porte della Cina, per usare una locuzione cara agli amici di Tarquinio, quelli per capirci che vedono troppa “frocciaggine” in giro. Semplicemente: non ci sono missioni NATO in Asia, men che meno nel mare cinese meridionale. Alcuni Paesi, della NATO e non, decidono in autonomia di mandare le loro navi in giro per il mondo, tra le altre cose per far rispettare il diritto internazionale marittimo, violato sistematicamente dalla Cina proprio in questi giorni, a scapito di Paesi più piccoli e indifesi (come le Filippine o Taiwan). Alcuni dei Paesi che mandano le loro navi sono membri della NATO. Ma sono anche membri dell’UE, dell’ONU, dell’OCSE, dell’OSCE e di molte altre organizzazioni. Tirare dentro la NATO in questo contesto non ha alcun senso. Sarebbe come dire che l’UNICEF (United Nations International Children's Emergency Fund) è diventata un’organizzazione offensiva, perché alcuni suoi membri mandano le navi nel mare cinese meridionale. C’è un dibattito sulla NATO in Asia? Sì, ma non ha nulla a che fare con quanto dice Tarquinio, e comunque non prevede alcuna missione NATO contro la Cina. Sono temi evidentemente troppo complessi per Tarquinio, che farebbe meglio ad occuparsi d’altro.
Paragrafo 4. Oramai siamo arrivati verso la fine della lettera-chiarimento. La prova del cambio della natura della NATO non è proprio convincente, ma soprattutto non c’è un’argomentazione logica che porti a considerare lo scioglimento dell’Alleanza Atlantica. Anziché affrontare questo tema, Tarquinio fa un’altra affermazione ad effetto che non c’entra nulla.
Poi le ripetute prese di posizione del Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg – nel gelo, a quanto risulta, di buona parte dei diplomatici che lo attorniano – affinché tutti o almeno buona parte dei Paesi del Patto Atlantico autorizzino il governo ucraino del presidente Volodymyr Zelensky a utilizzare le armi fornite dalla NATO per attaccare direttamente obiettivi in territorio russo.
Ammetto di iniziare a fare fatica. Il Segretario Generale della NATO non chiede, e ancora meno a tutti gli alleati, di autorizzare attacchi contro obiettivi in territorio russo. Basta leggere l’intervista all’Economist, ammesso e non concesso che Tarquinio conosca l’inglese: il Segretario Generale si è chiesto se non sia il caso di ripensare le limitazioni che ALCUNI Paesi hanno imposto all’Ucraina per quanto riguarda delle armi da loro fornite. Va da sé, la NATO non ha fornito direttamente armi all’Ucraina, come fa credere Tarquinio: queste sono state fornite dai vari Paesi, NATO e non (Corea del Sud, Giappone, Australia non mi risultano essere membri della NATO). Il passaggio sul gelo è ulteriormente ridicolo. In primo luogo perché dubito Tarquinio conosca i diplomatici che stanno nel Private Office del Segretario Generale, o anche solo i rappresentanti diplomatici delle varie nazioni. I “fatti”, quelli che Tarquinio ama evidenziare, parlano però chiaro.
Dopo le dichiarazioni di Stoltenberg, Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Olanda, Svezia, Finlandia, Danimarca, Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Cechia, Francia e Germania hanno affermato di autorizzare l’Ucraina a colpire obiettivi militari in territorio russo che sono attualmente funzionali all’offensiva contro Kharviv (altro dettaglio che Tarquinio dimentica). Tralasciando che questi Paesi, insieme, rappresentano la stragrande maggioranza degli aiuti militari e finanziari a Kyiv finora, è singolare come Tarquinio si dimentichi, anche in questo caso, di notare come il ripensamento suggerito da Stoltenberg sia perfettamente coerente con il diritto internazionale.
Paragrafo 5. Siamo arrivati alla fine, dopo salti pindarici, non sequitur, informazione incorrette, frasi subdole, e non-detti, onestamente il chiarimento non c’è. Tarquinio non riesce a dimostrare che la NATO ha cambiato natura, anzi, i fatti dicono esattamente l’opposto. Se intendeva altro, evidentemente non è stato chiaro. Ma Tarquinio arriva lo stesso alla conclusione, che più che conclusione è un dettame ideologico, visto che di basi logiche o empiriche non ce ne sono:
Ho detto in TV ciò che dico, penso e scrivo da tempo e cioè che una nuova alleanza paritaria tra America ed Europa non si fa in un giorno. […] Abbiamo cambiato in peggio la NATO. Sciogliamola e diamo vita a un nuovo sistema di difesa. Non si fa in un giorno ma meglio aver chiaro che in un giorno solo, con questa NATO, si può precipitare nell’abisso scavato dalla guerra di Putin.
Riconosco a Tarquinio una capacità più unica che rara, ovvero di riuscire a dire più assurdità e inesattezze che parole. Qui Tarquinio dimostra in primo luogo di non conoscere come è organizzata e funziona la NATO, dove il peso degli Stati Uniti non deriva tanto da meccanismi istituzionali che conferiscono particolare influenza a Washington, ma invece dal fatto che i Paesi europei non hanno mai speso e voluto spendere in difesa ciò che dovrebbero, chiedendo così agli Stati Uniti di difenderli.
La storia, quella che Tarquinio invoca, è abbastanza chiara: gli Stati Uniti volevano affidare la difesa europea agli Europei, i quali invece volevano la presenza americana fin dagli inizi. Per avere maggiore influenza nella NATO, basta spendere di più in difesa. Tarquinio probabilmente è contrario: nel suo ragionamento contorto, non ne sono neppure sicuro. Il punto centrale è che se i Paesi Europei dovessero uscire dalla NATO, la spesa in difesa dovrebbe aumentare ancora di più, in quanto bisognerebbe colmare tutto il vuoto di capacità e competenze ora in mano agli Stati Uniti. Ma questa è logica e oramai è chiaro come sia totalmente sconosciuta a Tarquinio. In secondo luogo, e più preoccupante, proprio come i no-euro che nei momenti più bui della crisi dell’euro chiedevano di uscire dalla moneta unica, Tarquinio suggerisce di uscire da quella che è indiscutibilmente la più forte, efficace e duratura alleanza nella storia nel momento in cui la minaccia ad alcuni suoi membri è più alta – minaccia talmente elevata da portare due Paesi neutrali come Svezia e Finlandia ad entrarvi.
Il mio consiglio a Tarquinio è di cercare di non parlare troppo, e se proprio deve, di non chiarire, perché l’unica cosa chiara, ora, dopo aver letto la sua lettera, è che davvero questi non ha idea di cosa stia parlando. Mi ricorda uno studente impreparato che si arrampica sui fatti, o su Il Fatto.
Voto: 14/30. Poca conoscenza storica, limitate capacità analitiche, discutibile proprietà di linguaggio.
Addendum: solo nella notte mi sono reso conto di essermi perso un pezzo centrale della lettera di Tarquinio, e precisamente quello in cui viene spiegato perché la NATO andrebbe sciolta. Ovviamente, è tutta colpa mia, non della prosa surreale e della struttura sgangherata del pezzo di Tarquinio. Riporto qui il pezzo incriminato, per poi esaminarlo:
La dottrina militare di Mosca prevede la risposta – anche nucleare – in caso di attacco al territorio della Federazione russa. E l’articolo 5 del Patto Atlantico prevede la solidarietà militare di tutti gli alleati nei confronti di ogni Paese membro. Stoltenberg, Segretario Generale e portavoce dell’Alleanza, prefigura e auspica scelte anche autonome dei Paesi membri della NATO e dice molto di più: alcuni Alleati hanno già allentato ogni restrizione all’uso delle armi. Sì, sono scelte autonome, ma riguardano tutti. Secondo questa logica e queste indicazioni, ogni Paese può, schierando se stesso, schierare l’Alleanza. Se scattasse una risposta russa, dovremmo replicare uniti. Un dovere che riguarderebbe anche i Paesi, l’Italia è tra questi, che non intendono autorizzare attacchi sul territorio russo con le proprie armi. Se la NATO replicasse, saremmo tutti in guerra. Se invece non lo facesse, sarebbe virtualmente sciolta. Autosciolta. Sì, non siamo solo inchiodati davanti all’orrore, siamo sospesi tra tutto e il niente.
Questo lungo paragrafo era il Sacro Graal che cercavo nel pezzo di Tarquinio e che, fino a ieri sera, non avevo trovato: questo è infatti il perno su cui si muove la richiesta di sciogliere la NATO. C’è un solo problema: non ha assolutamente senso e paradossalmente contraddice Tarquinio.
Andiamo in ordine:
1. La dottrina militare di Mosca prevede la risposta in caso di attacco al proprio territorio? In qualsiasi Paese dove al potere non c’è Tarquinio le forze militari rispondono ad un’invasione. Ma un attacco ucraino sul territorio russo non sarebbe un’invasione, sarebbe la reazione all’invasione russa. D’altronde, l’Ucraina ha già lanciato molteplici attacchi con droni autoprodotti sul suolo russo e la Russia non ha risposto colpendo la NATO o usando armi nucleari.
2. L’articolo 5 della NATO dice una cosa ben diversa da quanto sostenuto da Tarquinio.
The Parties agree that an armed attack against one or more of them in Europe or North America shall be considered an attack against them all and consequently they agree that, if such an armed attack occurs, each of them, in exercise of the right of individual or collective self-defence recognised by Article 51 of the Charter of the United Nations, will assist the Party or Parties so attacked by taking forthwith, individually and in concert with the other Parties, such action as it deems necessary, including the use of armed force, to restore and maintain the security of the North Atlantic area. Any such armed attack and all measures taken as a result thereof shall immediately be reported to the Security Council. Such measures shall be terminated when the Security Council has taken the measures necessary to restore and maintain international peace and security
Detto altrimenti, non c’è nessuna risposta militare inevitabile e automatica e come si vede ogni Paese può reagire come ritiene adeguato.
3. Tarquinio poi critica Stoltenberg in quanto questo prefigurerebbe e auspicherebbe scelte anche autonome dei Paesi membri della NATO. Il problema della NATO, secondo Tarquinio, sarebbe dunque dovuto al fatto che non ci detta la linea di politica estera, ci lascia scegliere, non impone decisioni e soluzioni. Magari Tarquinio dovrebbe spiegarlo al diretto del quotidiano che lo ospita: da due anni, su Il Fatto leggiamo che la linea bellicista della NATO viene imposta da Washington, ma se è lo stesso Segretario Generale della NATO ad auspicare scelte autonome, allora è vero esattamente il contrario.
4. Nel passaggio successivo, Tarquinio dice che “schierando se stesso, ogni Paese schiererebbe l’Alleanza, e in caso di risposta russa dovremmo replicare uniti. Come si vede sopra, l’articolo 5 non dice che la risposta deve essere automatica e unitaria: “individually or in concert”. Ma non è neppure vero che schierando se stesso ogni Paese schiererebbe l’Alleanza, anche perché ciò che attualmente sta succedendo è il semplice rispetto del diritto di autodifesa sancito dalla Carta delle Nazioni Unite nell’articolo 51. Se la Russia attaccasse un Paese NATO per via del suo supporto all’Ucraina, in ogni caso, la NATO sarebbe tirata in causa? Certo, ma è una cosa assolutamente positiva, in quanto impedisce che il bullismo di Putin possa funzionare e lo fa così desistere da azioni rischiose – proprio come successo nel corso degli ultimi due anni.
5. C’è però un aspetto davvero surreale e che mi è saltato all’occhio solo leggendo l’articolo di Carlo Jean su Formiche ieri sera. Se non ci sono automatismi nel Trattato di Washington che stabilisce la NATO, ci sono nel trattato di Lisbona dell’Unione Europea, precisamente nell’articolo 42.7. Se dunque Tarquinio ritiene che vada sciolta un’associazione di Paesi per via dei suoi automatismi militari, allora Tarquinio ha sbagliato obiettivo, non sta chiedendo lo scioglimento della NATO ma dell’Unione Europea!