Questo vuol dire che, se siamo seri rispetto al cambiamento climatico, dobbiamo essere pronti ad accettare molte più infrastrutture ed impianti industriali. E questo implica accettazione sociale (si, i NIMBY sono un problema), modifiche alle legislazioni associate, ed investimenti.
Non accettare questo (cercando, invece, di esternalizzare sempre tutto) non solo è miope da un punto di vista strategico, ma significa anche riempirsi la bocca di belle parole per un futuro migliore, senza però avere il coraggio di sporcarsi le mani per cercare di raggiungerlo.
P.S. Limiti dell’analisi.
Questa analisi non considera, per mancanza di dati, l’impatto dell’inflation reduction act (IRA). I primi segnali indicano che questo tipo di politica potrebbe portare ad una (significativa) maggiore produzione in USA. Qualcosa di simile si potrebbe (e si sta pensando di fare) fare in EU. Questo tipo di politica ha, però, molto rischi, ed è molto costosa.
Per esempio, non è ancora chiaro se, quando gli incentivi finiranno, la produzione USA sarà diventata competitiva rispetto ai produttori asiatici. Giusto per dare un assaggio di cosa questo potrebbe significare nel caso dei pannelli fotovoltaici, la crescita di capacità produttiva (sia fuori ma soprattutto dentro la Cina) potrebbe (potenzialmente) crescere fino a raggiungere un livello di sovra capacità tale per cui gli impianti cinesi sarebbero usati fino ad un minimo del 25-30% della capacità massima, creando una forte competizione, prezzi al ribasso, e riduzione degli investimenti (sia dentro che fuori la Cina).