Va bene, magari in occidente Černobyl’ e Fukushima vanno un attimo ridimensionati. Ma che facciamo con le scorie?
Le scorie
Se possibile questa problematica è ancor più sovradimensionata del tema sicurezza.
Qui discuterò rapidamente i seguenti aspetti:
- Quantità di scorie;
- Sicurezza dei sistemi di stoccaggio;
- Siti di stoccaggio a lungo termine;
- Prospettive future.
Intanto, di quante scorie si parla?
Guardando alle scorie a radioattività alta ed intermedia (quelle potenzialmente più pericolose) l’industria nucleare civile, in 70 anni di storia, ne ha generato circa 29,000 e 2.8 milioni di metri cubi, rispettivamente.
Tante? Poche?
Per dare un po' di contesto, l’insieme di queste scorie potrebbe essere stoccato in meno di 4 navi cargo moderne (circa 800 m3 ciascuna). Ad oggi migliaia di queste navi solcano gli oceani di tutto il mondo ogni giorno.
Quindi si parla tutto sommato di pochi rifiuti (principalmente grazie all’elevatissima densità energetica dell’uranio) e, cosa non meno importante, tutti solidi:
Si, i liquidi verdi che avete in testa, semplicemente, non esistono e non sono mai esistiti (e per approfondire questo aspetto si dovrebbe parlare più di giornalismo che di scienza/tecnologia, e sono quindi ben contento di lasciarlo ad altri).
Ok, le scorie saranno pure poche ma ci sono. Quindi, come le conserviamo? E dove?
I rifiuti a radioattività alta ed intermedia vengono stoccati in appositi contenitori in tre strati (materiale ceramico, acciaio, e cemento), progettati per resistere a terremoti, infiltrazioni d’acqua, attacchi missilistici, aerei, etc.
Trovate un esempio qui: https://youtu.be/jBp1FNceTTA
E per i siti di stoccaggio a lungo termine? Qui c’è effettivamente un problema, ma non è quello a cui stai pensando.
Di siti geologici adatti per stoccaggio a lungo termine (1 milione di anni) ce ne sono. Per esempio, circa metà della Germania sembra sia potenzialmente adatta a questo scopo (https://www.cleanenergywire.org/news/germany-takes-first-small-step-towards-finding-nuclear-waste-resting-place).
Inoltre, stocchiamo già quantità molto più elevate di prodotti chimici altrettanto tossici senza farci troppi problemi (e che sono molto più difficili da rilevare, perché devi sapere esattamente cosa stai cercando, mentre possiamo misurare molto accuratamente anche livelli di radiazione estremamente bassi con contatori Geiger che potete acquistate per 30€ su Amazon).
Il problema (per lo stoccaggio, ma più in generale per il nucleare tutto) è l’accettazione sociale, nonostante i numeri (in termini di emissioni, sicurezza, e scorie) non lascino particolare spazio a dubbi.
Da dove viene quindi questa paura, ed in generale il rifiuto del nucleare?
Da dove viene la paura del nucleare?
Qui potrei puntare il dito contro la cattiva informazione giornalistica, la retorica (ed il rischio) nucleare dell’epoca della guerra fredda, e a film/libri fantascientifici (poco realistici) su fallout nucleari – e tutti questi hanno sicuramente contribuito alla paura collettiva.
Ma credo che una ragione fondamentale per cui queste retoriche hanno avuto tanto successo è una caratteristica dell’energia nucleare stessa: è complicata.
Cosa voglio dire con questo? Guardiamo un attimo alle altre principali fonti energetiche per capire meglio dove voglio andare a parare.
Le rinnovabili sono basate su fonti di energia su cui tutti abbiamo avuto esperienze dirette (tutti siamo stati fuori al sole o quando faceva vento, e tutti abbiamo visto laghi, fiumi, o almeno torrenti), e abbiamo un’idea di come funzionano. Si, magari i più non sanno esattamente come un fotone di una certa lunghezza d’onda possa essere assorbito, portare ad una separazione di carica, e alla conseguente produzione di una corrente elettrica – ma tutti capiamo che la luce solare porta con sé dell’energia, e nella nostra vita abbiamo tutti visto, toccato, o magari anche comprato dei pannelli solari.
Dall’altra parte tutti sappiamo che i combustibili fossili sono un problema, e che portano alla morte premature di molte persone (seconda figura di questo articolo) ed al cambiamento climatico. Ma, tutto sommato, ci fanno meno paura. Sono, in un certo senso, un demone amichevole.
Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che tutti abbiamo avuto un’esperienza diretta coi combustibili fossili (che sia la carbonella per una grigliata, la benzina per la macchina, o un fornello a gas), rendendoli tutto sommato familiari e, quindi, meno spaventosi.
E il nucleare invece?
Poche persone hanno le basi scientifiche per capire esattamente come funzione, e ancora meno quelli che hanno avuto un’esperienza diretta (per esempio una visita ad una centrale o ad un sito di stoccaggio). Questa mancanza di esperienze e conoscenze collettive da ampio spazio a cattiva informazione e a teorie strampalate, e rende al contempo più difficile combatterle (e qui si ritorna all’analogia con gli aeroplani: hai voglia a mostrare numeri a chi ha paura…).
Quindi perché questo lungo articolo, focalizzato sui dati del nucleare?
Perché comunque dai dati si deve partire per poter capire, e perché credo di rivolgermi ad una (piccola) bolla che dà importanza ai dati, a priori che sia d’accordo con me o meno.
Si ok, tutto bello, ma non mi hai ancora detto che facciamo con le (poche) scorie che abbiamo per i prossimi mille mila anni.
E c’hai ragione. Riprendiamo allora il nostro viaggio chiedendoci: dobbiamo stoccare all’infinito le scorie nucleari?
È vero che le scorie contengono elementi radioattivi con tempi di vita di milioni di anni, ma si deve considerare che:
- Gli elementi più pericolosi hanno tempi di vita molto più ridotti (da qualche mese ad un paio di secoli).
- Molti degli elementi a tempi di vita più lunghi (milioni di anni) possono essere consumati in reattori di quarta generazione (permettendo di “riciclare” questi elementi).
- Il tema di oggi è il cambiamento climatico, tema con un orizzonte temporale di decenni (molti o pochi si vedrà). Passare dal dover risolvere un problema emissioni ad un problema scorie, se non altro, ci farebbe guadagnare qualche secolo/millennio di tempo per trovare altre soluzioni (il che non è niente male, a mio modestissimo avviso).
Costi e tempi del nucleare
Passando ai costi del nucleare, questi vanno ridotti.
Ad oggi sono troppo alti in EU/USA, e questo anche a causa di sovra regolazione, alti tassi di interesse (dovuti anche alla bassa accettazione sociale) e perdita di know-how a causa di mancanza di investimenti (si, anche per i francesi, che hanno stupidamente passato gli ultimi due decenni a cercare di sostituire il nucleare con le rinnovabili, invece di aggiungere altra capacità elettrica, anche rinnovabile, in aggiunta al loro nucleare – spingendo al contempo per una maggiore elettrificazione).
I costi di nuovi impianti però, anche fatto salvo quanto detto sopra, ad oggi sono più alti dei corrispettivi fossili e delle rinnovabili (se si considera la sola produzione, ma per le sfide delle rinnovabili vi rimando all’articolo associato: youtu.be/8SCztXfT98s), ma si dovrebbe anche iniziare a riconoscere il valore di una fonte di elettricità programmabile e a ~0 emissioni (non è che ne abbiam tante così eh ...)
All’aumentare della penetrazione delle rinnovabili intermittenti (solare e eolico) l’importanza di produzione elettrica a ~0 emissioni e programmabile potrebbe crescere, aumentando il valore degli impianti nucleari sia per la stabilità della rete elettrica che a livello economico. C’è però ancora tanto lavoro da fare per combinare al meglio rinnovabili e nucleare, rendendo quest’ultimo capace di maggiore flessibilità, per esempio combinandolo con stoccaggio termico o produzione di idrogeno. Riguardo gli impianti esistenti, i costi per la ristrutturazione, al fine di aumentarne i tempi di vita, sono estremamente competitivi: quindi sarebbe già bene estendere la vita di tutti gli impianti per cui questo è possibile, invece di spegnerne anticipatamente (vedi Germania e Belgio).